Filippo Taddei, l’economista di Civati e Renzi

martedì, 10 dicembre 2013

Filippo Taddei è stata di gran lunga la nomina più sorprendente della squadra che affiancherà Matteo Renzi alla guida del Partito Democratico. Capolista della lista Civati per l’Assemblea Nazionale a Bologna, Taddei è da ormai tre anni l’economista di riferimento del candidato arrivato terzo alle primarie dell’8 dicembre. Taddei fu il volto del primo evento organizzato da Civati proprio a Bologna dopo la scissione consumata con Renzi, di poche settimane successiva al successo della Leopolda 2010, e da allora l’ha sempre accompagnato nelle iniziative programmatiche più importanti. Giovane accademico, il nuovo responsabile dell’Economia del PD insegna alla John Hopkins University di Bologna ed in questi mesi si è caratterizzato per le critiche alle tesi economiche di Gutgeld. L’ex manager di McKinsey era considerato il grande favorito per l’incarico occupato da Stefano Fassina durante la segreteria Bersani, ma Matteo Renzi ha preferito lanciare segnali di apertura sui temi economici alle minoranze, come dimostra in parte anche la scelta di Marianna Madia per il Lavoro. Taddei ha precisato di non gradire l’etichetta di “liberista di sinistra”, anche se in alcuni punti del suo programma per Civati questa definizione potrebbe essere appropriata, quantomeno alla luce del dibattito interno al partito di questi anni. Il nuovo responsabile Economia del PD ritiene centrale la diminuzione delle tasse sul lavoro, da finanziare attraverso i tagli alla spesa pubblica. Un programma che in teoria contrasterebbe con quello di Fassina, anche se poi la riduzione proposta da Taddei si concentra, almeno nella mozione Civati, su ambiti molto “pop” come la diminuzione degli stipendi dei massimi dirigenti della PA. Un’idea anche corretta, vicina al programma di Renzi, ma certo lacunosa, come dimostra il no a tagli su welfare, ricerca e scuola ribadita oggi in un’intervista all’Unità. Per l’economista della John Hopkins University è essenziale il contrasto all’evasione fiscale, di cui però va ribaltata la logica, ovvero prima vanno ridotte le tasse sul lavoro, poi invece si devono contrastare le aziende e le persone che non le pagano. Una differenza spiccata con il vecchio corso bersaniano, che si amplia quando si prende in considerazione la ricetta di Taddei per il mercato del lavoro. Il neo responsabile economia del PD sposa la tesi del contratto unico a garanzie crescenti dal licenziamento introdotta nel dibattito italiano da Tito Boeri e Pietro Garibaldi, una differenza sostanziale rispetto a chi considerava “intoccabile” l’articolo 18. Proprio su questo punto Taddei aveva rivolto le maggiori critiche al programma economico di Renzi presentato da Gutgeld, che aveva comunque allontanato il corso del sindaco di Firenze dalle posizioni pro Ichino e revisione dell’articolo 18 espresse in passato . Civati è stato il politico del PD che più si è battuto contro il taglio dell’Imu sulla prima casa, una proposta lanciata dal suo economista che giudica profondamente sbagliato ridurre prima le tasse sul patrimonio rispetto a quelle sul lavoro. Taddei ha invece proposto di aumentare la tassazione sul patrimonio legandola però a specifiche riforme. Un’idea che si basa sull’introduzione di “patrimoniali” straordinarie, ma con un gettito contenuto, per finanziarie riforme dell’università o della scuola. Rispetto al vecchio corso fassiniano, particolarmente polemico nei confronti di quella che si potrebbe definire la “scuola bocconiana” rappresentata dagli editoriali di Giavazzi, Taddei ha ribadito di voler coinvolgere in misura maggiore “le migliori energie intellettuali che ci sono tra gli economisti italiani”. Nel 2012 l’economista di Civati era stato però coinvolto in un progetto di segno parzialmente opposto, lanciato da Fassina per contrastare il blairismo di Renzi e il “mainstream” rappresentato dalle idee di Giavazzi, Perotti, Ichino o Zingales.

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