1914, la minaccia nazionalista che pesa ancora su di noi

venerdì, 13 dicembre 2013

Questo articolo è uscito su “Nigrizia”.
Le reminiscenze storiche sono spesso manipolate secondo convenienze strumentali e figuriamoci se ciò poteva non accadere in occasione di un centenario importante come l’imminente 2014, che segna un secolo dallo scoppio imprevisto della prima guerra mondiale.
Proprio l’incapacità di prevedere l’estensione e la gravità del conflitto incombente, tanto più in un’epoca caratterizzata dal massimo sviluppo degli interscambi commerciali e culturali, è uno degli argomenti su cui più si riflette: prima dell’attentato di Sarajevo nessuno immaginava neanche lontanamente la catastrofe planetaria che stava per abbattersi sull’Europa, coinvolgendo in seguito l’oriente asiatico, il sud del Mediterraneo e il primo intervento extra-americano degli Sati Uniti.
Oggi la situazione è assai diversa. Il mondo è già tutt’altro che in pace. Gli interscambi commerciali hanno già subito una forte limitazione dovuta al collasso della finanza e alla recessione delle economie occidentali. Anche se il destino delle grandi potenze appare intrecciato come mai nel passato nel rapporto fra debitori e creditori (esemplare il caso di Cina e Usa, ma non solo).
L’altra differenza rilevante è l’Unione Europea che accomuna nazioni, prime fra tutte Francia e Germania, la cui rivalità un secolo or sono provocò decine di milioni di morti e fu tra le cause principali della guerra. Nel 1914 sarebbe stato impensabile quel che faremo nel maggio 2014, quando andremo a rinnovare con elezioni democratiche un Parlamento europeo.
Viene da dire: teniamocelo stretto! Perché anche alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale pareva consolidato, almeno fra le classi subalterne e i partiti politici che le rappresentavano, l’orizzonte dell’internazionalismo. Cioè la convinzione che il miglioramento delle condizioni di vita si potesse realizzare attraverso una cooperazione sovranazionale, svincolandosi dall’eredità sciovinista in cui si erano consolidate le classi dirigenti di Stati relativamente giovani. E invece… le socialdemocrazie aderenti alla Seconda Internazionale si sentirono costrette a votare i cosiddetti crediti di guerra, cioè ad assecondare quelli che venivano sciaguratamente considerati gli interessi nazionali prevalenti contrapposti.
Preoccupa assai, sotto questo aspetto, la subalternità mostrata dalla Spd tedesca alla politica dell’austerità propugnata dalla Merkel, nel momento in cui danno vita insieme a un governo di grande coalizione. Come ha rilevato Gianenrico Rusconi, pare infatti che la sinistra tedesca, pur di conseguire una politica sociale vantaggiosa per i lavoratori di quel paese, sia disposta a far propria una politica estera che esaspera la disunità nei confronti degli altri paesi europei indebitati.
Sarebbe ben triste se il 2014 segnasse la scomparsa di una sinistra europeista solidale, così come il 1914 affossò l’internazionalismo proletario.

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