Bonsanti: I tempi bui e lo spirito di verità

lunedì, 16 dicembre 2013

Vi propongo il commento sulla discussione tra Barbara Spinelli ed Eugenio Scalfari scritto da Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione “Libertà e Giustizia”.
E’ un momento di grande amarezza quello in cui si è costretti a prendere parte fra persone che si è sempre rispettato e ammirato e che sono entrate in conflitto fra loro (una delle due ha attivato il processo) su questioni di fondo, che riguardano i principi che ci hanno sempre guidato nella vita (anche se non abbiamo saputo essere sempre all’altezza ) e la storia da cui siamo nati. Ma proprio perché c’è amarezza e dolore e perché la posta in gioco è così alta, non si può tacere e trovare nel silenzio il sollievo del distacco. Lo scontro tra Eugenio Scalfari e Barbara Spinelli è qualcosa che va ben oltre la rottura di un’antica amicizia. Esso coinvolge in pieno il giudizio morale e politico che si dà sulle istituzioni del nostro Paese, sulle radici del distacco fra la società e i partiti, su cosa sia stato il berlusconismo e come e se e da chi sia stato ostacolato. E su come si debba agire oggi, in questi giorni difficilissimi, con lo spettro di nuovi fascismi, di violenze e bieche rivendicazioni. Per questo non si può tacere. Per questo dico che Barbara Spinelli ha ragione e che il mio amato direttore, l’uomo che per tanti anni mi ha guidato nell’ingannevole realtà della comunicazione, ha torto. Sbaglia non solo nel giudizio politico ma anche in quello di fondatore del giornale su cui oggi scrive Barbara.
Cosa c’è all’origine di tutto? Due sono in sostanza le contestazioni. Dice Scalfari di aver ascoltato gli appunti di un incontro tra Barbara e il presidente Napolitano “affidati alla “recitazione” di Travaglio”. Inoltre accusa la giornalista di essersi espressa a sostegno della possibilità di “sperimentare” il grillismo. E’ chiaro che il problema è uno solo: Scalfari è tra coloro che pensano che il Quirinale in questi anni sia stato senza peccato nel compito di presiedere il Paese, che anzi sia stato un baluardo contro derive di ogni genere e che lo sia tuttora. La Spinelli ha seguito invece la vicenda italiana con un distacco che spesso si è fatto voce critica nei confronti del Quirinale. Non solo per la gestione della vicenda della trattativa indagata dalla Procura di Palermo, ma anche per il modo in cui sono state contrastate in tempi diversi le reazioni alle iniziative legislative di Berlusconi. Napolitano incontra Barbara il 26 gennaio 2009 e un resoconto di quel colloquio è raccontato nel prologo di “Viva il Re!” di Marco Travaglio.
Non è stato facile in questi anni criticare Giorgio Napolitano: l’establishment romano immediatamente ha fatto quadrato, ha accusato ogni critica di populismo e ha sospinto con durezza ogni criticità nel recinto dell’antipolitica. Qualcosa di simile è accaduto anche a Libertà e Giustizia. Lo testimoniano i riferimenti alla nostra associazione negli articoli di Emanuele Macaluso, gli affettuosi avvertimenti di vecchi amici. Altri amici che si allontanavano improvvisamente, come se il “richiamo” fosse un qualcosa di definitivo, senza appello, né voglia di ascoltare spiegazioni. Certo sarebbe facile dire che alla base di tutto c’è proprio il giudizio su Berlusconi, sulla pericolosità di non affrontarlo nettamente e duramente, sui “no” che non sono stati detti, sulle brecce aperte e lasciato che si allargassero sempre di più. Per arrivare, come si è arrivati, alla finta pacificazione nazionale impersonata dalle larghe intese. Fino ad arrivare alla sollecitazione a cambiare la Costituzione in parti fondamentali, persino a consentire che tutto avvenisse senza tener conto dell’articolo 138, somma garanzia della nostra Carta.
Abbiamo, anche noi di LeG, avuto i nostri “scontri”, i messaggi da parte di vecchi, cari amici. Abbiamo cercato di rispondere solo ai nostri soci, alle loro critiche e ai loro apprezzamenti, e alla nostra coscienza.
Ma attaccare la giornalista Spinelli nel fondo domenicale del suo giornale… con quelle parole e quelle motivazioni… direttore, perché l’hai fatto? Esistono dei bavagli leciti e dei bavagli illeciti? Esiste qualcuno al di sopra di ogni giudizio, di ogni sospetto, di ogni voce critica e non nemica?
L’epoca che stiamo attraversando non è già abbastanza barbara senza che arrivino scomuniche e amarezze di questo genere? Che speranza può esserci di tornare a essere un Paese democratico quando si chiede alle voci migliori di tacere, in quanto inopportune e certamente ignoranti?
Caro direttore, so che tuo padre ti portò giovanetto nello studio di Mario Ferrara e a lui ti affidò perché seguisse i tuoi primi passi. Mario Ferrara, che ricordando Giovanni Amendola nel 1956 scrisse la più bella definizione del giornalismo e perdonami se qui la riporto : “Che cos’è in fondo un giornale? Molti di voi non lo sanno, molti di voi lo apprenderanno forse un giorno… Un giorno, se in quelle pagine che escono, in quelle poche parole irte di errori di tipografia, se in quei fogli alita spirito di verità, una volontà di credere e di sperare, essi si difenderanno e saranno un alimento e una speranza per tutti. Se viceversa essi conterranno la subdola menzogna, essi saranno un atroce veleno che ancor prima dell’avvento del fascismo e in venti anni di dittatura fascista ha avvelenato le coscienze degli italiani”.
I tempi bui che forse ci aspettano hanno anche oggi bisogno di spirito di verità. Le menzogne sono il veleno.

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