Mariana Mazzucato: lo Stato serve per crescere

lunedì, 16 dicembre 2013

Uno dei libri più discussi degli ultimi mesi è “The Entrepreneurial State” di Mariana Mazzucato, una professoressa di economia dell’Università del Sussex di chiare origini italiane. In una lunga analisi per il londinese “The Guardian” la Mazzuccato spiega perché dopo decenni di retorica e misure antistataliste il mondo, ed in particolare i paesi industrializzati, abbiano bisogno di un ritorno del potere pubblico come motore della crescita. La Mazzucccato evidenzia nel suo articolo, molto inglese per taglio impresso e fatti riportati, come le privatizzazioni perseguite dalla Thatcher così come dai successivi governi non abbiano migliorato la qualità dei servizi nè ridotto in modo significato i prezzi. I vantaggi per i consumatori sono stati ridotti, e lo Stato ha perso il ritorno sugli investimenti fatti nei decenni precedenti, privandolo così di nuove risorse per poter scommettere di nuovo su settori al momento trascurati dagli agenti economici. Per la docente dell’Università del Sussex il potere pubblico ha un compito fondamentale, già sintetizzato da Keynes: “La cosa importante per un governo non è fare le cose fatte dai privati, un po’ meglio oppure un po’ peggio, bensì fare le cose che al momento nessuno fa”. L’ambito naturale dell’azione innovatrice dello Stato sono i beni pubblici, beni i cui benefici sono così diffusi che per i privati è difficile trarne un profitto, e di conseguenza vengono trascurati. La Mazzucato cita tra gli altri temi quali la sanità, l’educazione, la ricerca oppure le infrastrutture per i trasporti. “Poichè ci viene detto che lo stato è spendaccione e un regolatore che si intromette troppo, e non un investitore chiave in beni e servizi preziosi, diventa più facile eliminargli il ritorno per i suoi investimenti. Il rischio viene socializzato, le ricompense privatizzate. Non solo viene distrutto ogni ritorno sugli investimenti pubblici, ma vengono così distrutte istituzioni costruite in molti decenni, erodendo così l’idea di un servizio pubblico distinto da un profitto privato”. La Mazzuccato evidenzia come gli stessi agenti privati beneficino di sgravi fiscali per i loro investimenti, che raramente vengono messi in discussione in questi anni di tagli alla spesa pubblica. L’idea di fondo è che la riduzione dello Stato servirà sia a contenere il debito, sia a rilanciare la crescita, che verrà stimolata attraverso la riduzione del settore pubblico attraverso le privatizzazioni e l’outsourcing dei servizi, sia con la riduzione del carico fiscale e delle regole burocratiche che deprimono le attività economiche dei privati. L’accademica inglese contesta che ciò avvenga: ” I tagli alle tasse non aumentano in modo significativo gli investimenti, e fanno crescere le disuguaglianze. Questo perché ciò che guida gli investimenti delle aziende non sono le valutazioni conclusive sui costi, ma l’anticipazione di dove saranno creati i maggiori guadagni”. Ecco perché per la Mazzucato è essenziale che cambi la narrativa sugli investimenti pubblici, una riflessione che vale tanto per le scelte politiche fatte quanto per la retorica che le ispira. L’esempio dell’iPhone, un prodotto genialmente assemblato da un privato sfruttando tecnologie sviluppate grazie ai rischi imprenditoriali dello Stato, evidenzia quanto sia insostituibile il ruolo del pubblico nella ricerca e nello sviluppo così come negli altri ambiti dei beni pubblici.

 

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