Date retta al vecchio Carniti: l’unica è ridurre gli orari di lavoro

lunedì, 23 dicembre 2013

Un secolo fa l’orario di lavoro medio era di 72 ore alla settimana suddivise su sei giornate, ovvero 12 ore al giorno. Le abbiamo quasi dimezzate senza che ciò abbia arrestato nè la crescita nè la creazione di ricchezza, come sostenevano i conservatori di ogni epoca. Lo ricorda in un intervento sull'”Unità” un vecchio saggio del sindacalismo italiano, Pierre Carniti. Per giungere all’unica conclusione logica se si vuole fronteggiare il dramma dei senza lavoro che, nella società italiana, fra disoccupati ufficiali e persone che il lavoro neanche lo cercano più, assommano alla cifra enorme di 6-7 milioni di persone. Accanto all’estensione dei contratti di solidarietà per tutelare i posti di lavoro in pericolo, Carniti sostiene che l’unica pratica efficace e lungimirante rimanga quella della ripartizione del lavoro. La parola d’ordine “lavorare meno, lavorare tutti” resta più attuale che mai. Carniti rifiuta il pregiudizio secondo cui la globalizzazione renderebbe impossibile ridurre gli orari di lavoro, ricordando che ai fini della competitività quel che conta è il costo per unità di prodotto. Dunque non la lunghezza dell’orario settimanale ma la produttività oraria. Tanto per cominciare, Carniti propone di abrogare gli scriteriati incentivi del lavoro straordinario varati da Sacconi, paragonandoli a una somministrazione di zuccheri a un malato di diabete. Ma è a una riduzione degli orari di lavoro, e a una sua ripartizione fra un maggior numero di persone, che una sinistra moderna deve puntare contrastando i pregiudizi e rinnovando mentalità e abitudini.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.