Il maiale, la Shoah negata, il Ghetto: un’offesa per tutti

domenica, 26 gennaio 2014

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Sono poche le specie animali di cui la Bibbia consente, e solo a determinate condizioni, l’utilizzo per alimentazione. Il maiale non rientra fra di esse in quanto, pur avendo l’unghia bipartita come i bovini e gli ovini, non è un ruminante. Il Libro sacro non fa alcun riferimento all’impurità del maiale, creatura di Dio come le altre. Solo nella tradizione postuma e nella secolare contrapposizione alle altrui usanze, la carne suina è assurta a simbolo di cibo proibito. Per gli ebrei così come per i musulmani.
Naturalmente gli antisemiti che hanno voluto infliggere un’offesa blasfema agli ebrei, non a caso alla vigilia della Giornata della Memoria, recapitando teste di maiale al tempio Maggiore di Roma, all’ambasciata d’Israele e al Museo della Storia di Trastevere dov’è in corso una mostra sulla Shoah, nulla sanno riguardo alle leggi alimentari della Kashrut. Il loro scopo era solo quello di intimidire gli ebrei con una minaccia tipica del linguaggio mafioso, e nel contempo di perpetrare l’ennesima umiliazione al popolo sterminato settant’anni or sono.
Analoga ignoranza manifestano purtroppo da tempo certi esponenti politici che hanno condotto dei maiali, o hanno cosparso la loro urina, nei luoghi destinati alla costruzione di edifici di culto islamico. Anche lì, in verità, basta una preghiera per purificare l’area; ma è lo sfregio quello che si vuole perpetrare. Il dileggio di una fede religiosa. L’ostentazione razzista.
Da alcuni anni, purtroppo, le celebrazioni della Giornata della Memoria in coincidenza con la liberazione del lager di Auschwitz Birkenau in cui furono uccisi oltre un milione di deportati, vengono utilizzate anche come palcoscenico di scellerate provocazioni. L’anno scorso Berlusconi colse l’occasione di una cerimonia al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, da cui partirono venti convogli di prigionieri destinati alla morte, per un pubblico elogio di Mussolini.
Ma è il negazionismo l’insidia più velenosa. Quello che si è manifestato di nuovo ieri con le scritte vergate, sempre a Roma, per sostenere che l’Olocausto sarebbe una “menzogna” e Anna Frank una “bugiardona”. E’ l’arma più crudele con cui si rinnova la sofferenza dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime. Liquidare come un’abile invenzione propagandistica il genocidio degli ebrei d’Europa è la modalità prescelta per additarli nuovamente come popolo subdolo e dominatore, meritevole quindi di essere perseguitato. Non a caso il negazionismo ha fatto tanti proseliti nel mondo arabo e musulmano in guerra con lo Stato d’Israele. Ma più in generale minimizzare l’esito delle leggi razziali e delle deportazioni novecentesche, sostenendo che la Soluzione Finale non rientrasse nei piani del regime nazista, serve anche a addormentare le coscienze di fronte al ritorno delle pulsioni razziste e delle legislazioni discriminatorie alimentate dal fenomeno migratorio e dalla sofferenza sociale.
Basterebbe l’orribile episodio di ieri per confermare l’importanza di un buon uso della memoria storica come insegnamento per il presente, oltre che come omaggio alle vittime. Sicché la miglior risposta alla barbarie culturale della testa di maiale spedita in sinagoga, saranno le migliaia di manifestazioni già organizzate nelle scuole italiane per la Giornata di domani.
Resta però la speciale offesa di cui è stata fatta oggetto la Comunità romana, la più antica della diaspora ebraica. Nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una straordinaria rivitalizzazione culturale del quartiere ebraico della capitale che sorge sulla sponda sinistra del Tevere. Non solo luoghi di culto ma anche centri studi, scuole, negozi e ristoranti kasher. Qualcuno vorrebbe ridurre tale luogo, affascinante per chiunque voglia confrontarsi con la vicenda millenaria dell’ebraismo, di nuovo a Ghetto chiuso in se stesso e assediato. Come fu prima del 1870. Bene ha fatto, dunque, il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, ha elogiare la costante opera di prevenzione e vigilanza delle forze dell’ordine, scattata anche di fronte alla provocazione di ieri. Spetta allo Stato difendere l’incolumità dei cittadini e il patrimonio culturale ebraico. Vincendo così la tentazione di ricorrere a impropri strumenti di autodifesa che la diffusione dell’odio antisemita rischia di far degenerare. Gli ebrei italiani, per fortuna, non sono soli contro tutti. Purché la coscienza democratica non abbassi la guardia, ora che si affacciano di nuovo tempi bui. E’ un sinistro avvertimento questo ricorso a un animale che si pretende impuro. Contro gli ebrei, così come prima contro i musulmani. Ma in realtà contro la nostra democrazia. Viene davvero da dire: poveri maiali innocenti, vittime dei macellai delle coscienze.

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