La fretta di Renzi si chiama paura di Grillo

venerdì, 14 febbraio 2014

La scorciatoia per Palazzo Chi intrapresa a gran velocità da Matteo Renzi ha lasciato perplessi molti suoi sostenitori, della prima e seconda ora, così come ha amareggiato tanti attivisti del Partito Democratico. Il leader che più rappresentava la speranza di cambiamento, dei modi di fare prima ancora che dei contenuti, della politica tradizionale ha deciso di arrivare al potere con la più classica delle manovre della I Repubblica. Come hanno notato due validi giornalisti come Francesco Costa e Tommaso Labate, il calcolo di Renzi è meno spericolato e più lucido di quello che appaia ad un primo sguardo. Il governo Letta era un esecutivo sempre più impopolare, e per Renzi sarebbe stato ancora più difficile distinguere il “suo” PD da un esecutivo composto prevalentemente da esponenti del suo partito. Come evidenziano i sondaggi, l’effetto Renzi è stato molto limitato, tanto che nelle intenzioni di voto già ora la coalizione di Berlusconi supera il centrosinistra. Con il passare dei mesi, i consensi non potevano che scendere ulteriormente. Il vero terrore del leader del PD e dell’establishment – da Confindustria ai grandi giornali fino ai sindacati – che ha sostenuto il cambio a Palazzo Chigi si chiama Beppe Grillo. Alle elezioni europee il MoVimento 5 Stelle rischia di arrivare piuttosto facilmente in prima posizione. Lo dice la storia delle precedenti consultazioni per l’Assemblea di Strasburgo, caratterizzata dal boom di formazioni “altre” come la stessa prima Forza Italia nel 1994, la lista Bonino nel 1999, l’Idv e la Lega nel 2009. Lo dice il clima che si respira in Europa, con la crescita impetuosa delle formazioni no euro, prime in vari paesi fondatori quali Francia e Olanda. Lo dicono anche gli stessi sondaggi attuali: a pochi mesi dal voto il M5S era stimato al 15%, ed ora è intorno al 22%. La mobilitazione degli elettori indecisi e sempre più distanti dalla politica ha trasformato il MoVimento nel primo partito italiano alle ultime politiche; è probabile che il vento anti euro avrebbe favorito e favorirà la stessa dinamica elettorale. La mancanza invece di un voto per la guida del paese avrebbe danneggiato il PD, che ora è stimato sopra il 30%, che sarebbe poi stato penalizzato dall’impopolarità di Letta. La paura dell’establishment per Grillo si rafforza con la sfiducia “logica” nei confronti di Berlusconi. Al di là dell’enfasi esagerata di Renzi e dei suoi fan sulle riforme fatte per la prima volta in 20 anni, è assai probabile che il leader di Forza Italia avrebbe fatto saltare l’Italicum come già era successo in tanti tornanti della nostra storia recente. La stessa faticosa navigazione della riforma elettorale alla Camera dei Deputati, dove gode di una netta maggioranza teorica, evidenzia quanti ostacoli ci sarebbero stati al Senato. I sondaggi attuali sono sempre più negativi per i piccoli partiti, da Sel a Ncd alla Lega, e la storia di tutte le riforme elettorali, italiane ed europee, rimarca solo quanto sia difficile modificare le leggi che assegnano i seggi del Parlamento.Infine Renzi aveva un’arma di ricatto molto spuntata nei confronti del governo Letta, la legge elettorale uscita dalla Corte Costituzionale. Il proporzionale con la soglia di sbarramento al 4% avrebbe con ogni probabilità favorito una coalizione tra PD e Forza Italia, oppure una spericolata intesa coi M5S se Grillo & Caseleggio avessero deciso di scongelare i loro voti. In entrambi i casi il ruolo di Renzi a Palazzo Chigi sarebbe stato quantomeno in discussione, sempre che il PD fosse arrivato primo alle eventuali politiche anticipate. Il prossimo presidente del Consiglio ha preso di conseguenza la decisione più logica al nuovo quadro istituzionale deciso dalla Consulta, alla luce dei suoi interessi personali – lo sbarco a Palazzo Chigi – e della convinzione che così facendo si allontana maggiormente lo spettro dell’esplosione definitiva di Beppe Grillo.  Renzi investirà tutto nella sua capacità di governo ed in una rapida approvazione dell’Italicum, per tornare al voto da una posizione di forza, quantomeno nel PD. Un calcolo certo rischioso, ma bruciarsi subito è sempre meglio che logorarsi lentamente.

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