Don Marco Mangiacasale (nella foto), ex parroco di San Giuliano nonché (nota bene) economo della diocesi di Como, è stato ridotto allo stato laicale da papa Francesco senza attendere sentenze definitive, dopo le prime condanne per le molestie sessuali e le sue stesse ammissioni di colpa. Tale provvedimento non è stato commentato in alcun modo dal vescovo di Como. Silenzio. Ma peggio ancora, il suo vicario episcopale, monsignor Diego Coletti è intervenuto solo per difendere il prete spretato. E il settimanale diocesano ha pubblicato un articolo in tal senso (“Non è un pedofilo, non è malato, non è socialmente pericoloso”) che risuona piuttosto come una difesa arroccata di categoria e come una presa di distanza dal provvedimento pontificio. Inutili finora le proteste del parroco don Roberto Pandolfi, che ha preso servizio là dove Marco Mangiacasale (oggi agli arresti domiciliari) ha seminato dolore e screditato la Chiesa.
Un episodio illuminante sulle resistenze e le difficoltà che papa Bergoglio incontrerà nella sua opera di rinnovamento della Chiesa. Mi chiedo come si sarebbe comportato il defunto vescovo di Como, Alessandro Maggiolini, uomo assai conservatore e legato a una visione sacrale-identitaria della gerarchia, in una simile occasione. Maggiolini avrebbe difeso pure lui l’ex sacerdote Mangiacasale? Temo di sì, spero di no…