Una risposta del presidente di Coop Italia su Soros e le cooperative rosse

venerdì, 7 marzo 2014

Pubblico sul blog la risposta di Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, all’editoriale su Soros e le cooperative rosse scritto per “La Repubblica” di mercoledì 5 marzo 2014.

 

Gad Lerner nel suo interessante e provocatorio intervento, si chiede cosa ci fa il simbolo del capitalismo finanziario George Soros nella compagine azionaria di IGD, la società immobiliare quotata controllata da alcune cooperative di distribuzione. Ed ancora, che frutti potrà generare un simile innesto. La provocazione consiste nel dubitare che gli eredi di una tradizione che antepone il benessere collettivo alla rendita speculativa, le cooperative, servano ancora a tale scopo.

Ovviamente Lerner utilizza un caso, quello di IGD e di Soros, per sollevare problemi più generali che  riassumerei così:  a cosa servono le cooperative in un sistema di economia di mercato capitalistico-finanziaria come quella attuale? L’omologazione è inevitabile ? Ovviamente non credo affatto che lo sia e spiegherò perché. In primo luogo però  vorrei chiarire un equivoco che spesso sorge parlando di cooperative e cioè che quelle buone sarebbero solo quelle piccole che si occupano di sociale o di attività che le grandi imprese non trovano profittevoli. Certo, ci sono tante cooperative che operano nel terzo settore che svolgono attività socialmente molto meritevoli, spesso in sostituzione di uno Stato che ha ridotto il suo ruolo di assistenza e sostegno alle fasce più deboli. Il punto però non è questo, piuttosto è riconoscere che le cooperative possano svolgere un ruolo economico e sociale anche in mercati di alta competizione come quello della distribuzione, della produzione di beni di largo consumo, dell’agro-alimentare, delle costruzioni. E possano farlo in quanto competitive non malgrado la propria identità, ma grazie alla propria identità anteponendo il valore sociale a quello individuale, i risultati di lungo periodo a quelli di breve periodo. Come si sarebbe potuto creare un mercato delle carni controllate se Coop più di venticinque anni fa (e tuttora) non si fosse battuta per filiere controllate, senza anabolizzanti e Ogm ? Come si sarebbe potuto ridurre il costo di alcuni farmaci da banco se dopo la parziale liberalizzazione Coop non avesse avviato per prima le parafarmacie ? Come si potrebbe tenere alta la percentuale di prodotti italiani sullo scaffale se nella distribuzione non operassero Coop e Conad ? Perché il settore cooperativo, pur colpito dalla crisi come tutti gli altri, ha tenuto di più l’occupazione, facendo resistenza sociale e sacrificando utili e in parte anche patrimoni accumulati in passato?

Arriviamo poi alla finanza. Vorrei ricordare a Lerner che Unipol nasce 50 anni fa e che i suoi soci fondatori sono le cooperative. I servizi finanziari e assicurativi sono in tutto il mondo, compreso negli Stati Uniti, un campo importante di azione delle cooperative. La nostra idea è di operare in questo campo con la stessa filosofia di tutela del socio-consumatore che cerchiamo di mettere nella distribuzione alimentare.

Anche le cooperative, poi, hanno bisogno di capitali che in parte sono riuscite ad accumulare grazie al fatto che gli utili e il patrimonio sono indivisibili e restano nelle imprese ed in parte però devono cercare sul mercato come fanno tutti (benché la nostra natura imponga vincoli più stringenti rispetto alle imprese di capitale). Quindi l’ingresso di Soros nella compagine di IGD non ha altro significato che quello di un rafforzamento di quella società. E poi Soros non era diventato il paladino di un capitalismo più responsabile ? Mi sembrava di sì, da tutte le cose che ho letto in questi anni. Non sarà che ridiventa pericoloso perché mette una parte infinitesima del suo patrimonio in una società in cui ci sono le cooperative ?

Lerner solleva poi altri temi a cui, seppur brevemente, non mi sottraggo. Parliamo di appalti e di remunerazioni. Intanto vorrei ricordare che noi ci battiamo con forza perché il mercato sia pulito e legale, rispettando tutte le leggi e i contratti, mentre molte imprese, anche nel settore del commercio che è quello che conosco di più, sono border-line. Si moltiplicano i casi di lavoro grigio, di non rispetto delle normative di sicurezza, di utilizzo di cooperative spurie (finte) nei subappalti, di provenienza dubbia dei capitali investiti. Non solo al Sud. Il rischio che l’impresa cattiva scacci quella buona non è mai stato così alto. E’ un tema fondamentale la cui lotta dovrebbe essere assunta con determinazione da tutte le forze positive del Paese. Noi come Coop, per esempio, chiediamo ai nostri fornitori di servizi il rispetto assoluto delle leggi e dei contratti nazionali e quando si sono verificati casi di non rispetto siamo intervenuti subito cambiando i fornitori; per i fornitori delle merci che vendiamo, a partire da quelle con il nostro marchio, richiediamo condizioni di sicurezza e di rispetto degli standard di lavoro e ambientali superiori alle stesse norme in vigore. Abbiamo anche definito un codice di autoregolamentazione per impedire che soggetti spuri ed equivoci, che utilizzano la forma cooperativa in modi inaccettabili (pagare meno il lavoro, evadere il fisco), possano entrare nelle nostre associazioni (Legacoop e Alleanza delle Cooperative Italiane).

Per quanto riguarda gli stipendi dei manager cooperativi una generalizzazione è impossibile, ma sono sicuro che la stragrande maggioranza delle imprese cooperative applica politiche retributive molto attente e contenute. Per esempio le Coop di consumatori (la Coop in sostanza) ha un regolamento che fissa il tetto massimo delle retribuzioni. Qual’è ? Il rapporto tra retribuzione netta di un addetto alle vendite (cassiera) e del massimo dirigente d’impresa è 1 a 6. E’ una buona retribuzione, ma ben lontana da quei 1 a 50 o 1 a 100 che sono la norma in analoghe imprese di capitali.

La presenza di Giuliano Poletti al governo, oltre per le sue indubbie qualità personali, credo che abbia proprio il significato che gli attribuisce (dubitativamente) Lerner: far ricorso all’esperienza solidaristica della cooperazione per favorire la nascita di nuove imprese e la creazione di lavoro.

Sono consapevole che molti sono i problemi e le contraddizioni che il movimento cooperativo deve affrontare, a partire, dall’esigenza di un rilancio in tanti settori, ma quello spirito cooperativo di soccorso e fratellanza di cui parla Luigino Bruni -qui mi sento di rassicurare Lerner- non solo è vivo, ma è la prima risorsa a cui attingiamo oggi e a cui attingeremo anche in futuro.

 

 

Marco Pedroni

(Presidente Coop Italia)

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