La spallata che Matteo Renzi assesta, per il tramite del presidente del Senato, Piero Grasso, all’establishment di cui pure egli stesso ha assunto la guida grazie a un colpo di Palazzo, lo vedrà probabilmente vincente nelle prossime settimane. Ci saranno tentativi di imboscate parlamentari, la stessa opposizione “amica” di Forza Italia gli renderà la vita complicata, ma continuo a pensare che per il momento nessuno abbia veramente interesse a disarcionarlo. Ma esasperando la contrapposizione fra sè e la “palude” in cui con disprezzo annovera costituzionalisti e alti burocrati, parlamentari dissidenti e sindacati, imprenditori e estrema sinistra, la spericolatezza acrobatica di Renzi raggiunge un culmine di cui al posto suo mi preoccuperei. Perchè il giorno in cui verrà misurato non più dagli annunci bensì dai risultati conseguiti si avvicina. La sua bravura consisterà nel rinviarlo a dopo le elezioni del 25 maggio, che potrebbero garantirgli una boccata d’ossigeno. Ma poi le dure leggi dell’economia reale cominceranno a esercitare anche su di lui l’effetto nefasto costato la popolarità ai suoi predecessori.
Chi si è prefisso di dispensare ottimismo a piene mani e poi gioca continuamente la carta della denuncia, affrescando l’Italia come una palude da bonificare, trasmette messaggi contraddittori. Qualcuno glielo faccia notare, finché è in tempo.