Salvini, il Capitan Fracassa della Lega che fa il bauscia

lunedì, 7 aprile 2014

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.

Camuffato da indipendentista veneto, con tanto di Leone di San Marco annodato al collo, Matteo Salvini riesuma un classico della commedia dell’arte italiana: il capitano Rodomonte Spaventa, detto anche Capitan Fracassa. Da non confondersi con la milanesissima creatura di Edoardo Ferravilla, el Tecoppa, che pure lui va in giro per le strade alternando imprecazioni a improbabili minacce.
Caricaturale proprio come Salvini, cioè il segretario di un partito politico che, ahimè, ha lungamente governato il nostro paese, e perfino guidato il ministero dell’Interno, ma che ora preannuncia una sorta di presa della Bastiglia veneta: o i 24 indipendentisti arrestati “tornano a casa subito e qualcuno chiede scusa, o li tiriamo fuori noi”. Si è dimenticato di spiegare come, visto che in piazza a Verona i leghisti non erano più di un migliaio.
Al grottesco proclama, naturalmente, sono state fatte seguire le precisazioni di rito circa la natura pacifica e nonviolenta del movimento che in teoria dovrebbe organizzare l’evasione dei “fratelli veneti”, personaggi che nulla hanno a che spartire con lo pseudo nazionalismo padano frettolosamente riposto in soffitta da Capitan Fracassa-Salvini.
Il segretario della Lega Nord, che ha già tolto dal simbolo elettorale la dizione “Padania” per sostituirla col più redditizio “Basta Euro”, si è precipitato a Verona per inseguire uno dei tanti spezzoni in cui sta frantumandosi la galassia secessionista. Un’improvvisazione che divide lo stato maggiore del partito, se è vero che sul palco il governatore veneto Zaia se l’è presa pubblicamente col sindaco veronese Tosi, reo di aver fatto togliere la bandiera padana da piazza dei Signori.
Salvini sta prodigandosi nel tentativo di tenere insieme tutto e il contrario di tutto: alleanza in Europa con un movimento come il Front National che predica l’ipercentralismo statalista, salvo poi rimangiarsi su scala locale l’idea di macro-regione pur di assecondare le più disparate spinte indipendentiste; quelle che con fatica vent’anni fa Bossi era riuscito a far confluire sotto il simbolo del Carroccio.
L’unico denominatore comune è la pulsione estremista che si nutre di referendum farlocchi e di proclami eversivi, oltre che di odio per gli immigrati e di euroscetticismo. Contraddizione nella contraddizione, l’ultima trovata del segretario leghista è la richiesta di tornare a una moneta nazionale, la lira, che dovrebbe venir coniata per tutta la penisola. Un guazzabuglio.
Chi si trova a suo agio, in tale minaccioso bailamme, è Mario Borghezio. Le sue prese di posizione reazionarie che in passato gli erano costate l’isolamento e perfino la sospensione dal partito, oggi egemonizzano il gruppo dirigente: Borghezio fu il primo a instaurare un rapporto diretto con Marine Le Pen; e definisce “patrioti” gli indipendentisti veneti indagati per associazione sovversiva. Lui che arrivò a manifestare comprensione per le idee del norvegese Anders Breivik, autore della strage di Utoya, oggi si compiace di trascinare all’estrema destra l’intero partito, la cui ala governativa è stata messa in ginocchio dagli scandali.
Solo che nell’occupare questo spazio politico di estrema destra, assumendo un linguaggio eversivo, Salvini corre il rischio di ritrovarsi apprendista stregone. Lui non darà mai l’assalto a un carcere veneto –per quanto lo proclami- ma il giorno in cui tale balordaggine venisse perpetrata da qualche frangia isolata, chi se non lui ne porterebbe per primo la responsabilità politica? La situazione in Veneto si è surriscaldata, e l’indagine della magistratura, al di là delle responsabilità individuali degli arrestati, tutte da chiarire, rivela che il ricorso alla violenza è già divenuto oggetto di dibattito interno. La legittimazione dell’estremismo da parte di una leadership spregiudicata e parolaia, ma debolissima, può risultare molto pericolosa. L’inseguimento di personaggi che nella Lega non si riconoscono più da anni, e anzi la accusano di tradimento, isola ulteriormente il partito di Salvini. Nessuno gli crede quando indossa il fazzoletto di San Marco e minaccia di usare la forza per organizzare l’evasione dei “patrioti”. Ma così facendo egli si è spinto ben al di là di una libera manifestazione del dissenso. Se fosse possibile scherzarci su, finché fa in tempo, gli diremmo: Salvini, fa no el bauscia.

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