Con felicissimo en plein che ormai non è più tanto facile da realizzare io e Umberta siamo riusciti nell’impresa di radunare tutti e cinque i figli per la cena pasquale di stasera: arrivati da Tel Aviv, Londra, Vienna oltre che da Milano. E insieme a loro un nutrito drappello di amici (ebrei e non) che insieme a noi hanno intrapreso questa abitudine di celebrare il Pesach ogni anno in una città diversa ma sempre significativa nella storia ebraica. Nell’ordine siamo già stati a Varsavia, Leopoli, Budapest, Sarajevo, Odessa e Cracovia. Quest’anno ci godiamo la luce mediterranea di Salonicco, epicentro meticcio di una cultura sefardita e levantina, bagnata nell’eresia di Sabbatai Zevi (il falso messia seicentesco), intrecciata con la diaspora italiana e con la cultura balcanica. Ci sono tanti negozi chiusi, la crisi greca si sente eccome. Ma no piega la vitalità e l’allegria di un popolo capace di godersi comunque il suo mare e i traffici che reca loro. Qui nel 1943 i nazisti perpetrarono una deportazione di proporzioni incredibili: poco meno di 50 mila ebrei spediti a morire a Auschwitz, erano un quarto della popolazione totale di Salonicco all’epoca. Li abbiamo ricordati, abbiamo incontrato i sopravvissuti.
Stasera terremo come ogni anno il Seder, cioè la cena pasquale in cui si rivive l’Esodo, la liberazione dalla schiavitù in Egitto. Gran festa, si beve e si canta. Poi per otto giorni si mangia il pane azzimo al posto di quello lievitato.
A tutti gli amici del blog auguro una felice Pasqua di liberazione.