Fischia il Vento compie 70 anni ma ancora canta la Resistenza

domenica, 20 aprile 2014

Nell’inserto domenicale di “La Repubblica” viene ricordato oggi Felice Cascione, il giovane medico ligure divenuto comandante partigiano, fucilato dai fascisti nel 1944, cui si devono le parole della versione italiana di “Fischia il Vento”. Divenuto il canto della Resistenza antifascista. In questo mio breve articolo spiego perchè lo abbiamo scelto come titolo per la nostra inchiesta televisiva in giro per l’Italia del 2014.

Succede di rado, ma succede. Che lo spirito di un’epoca storica si condensi in pochi versi, indissolubilmente legati a una melodia, per poi attraversare il tempo e farcene rivivere ogni volta l’attualità.
Quando abbiamo deciso di sperimentare un racconto televisivo dell’Italia che uscisse dal chiuso dei talk show televisivi, il titolo Fischia il vento è venuto naturale: una matrice in cui potevano ritrovarsi due casematte della cultura di sinistra come Feltrinelli e Repubblica, ma in cui soprattutto si ritrova il senso comune popolare di una democrazia che non dimentica di essere nata dalla Resistenza antifascista.
Fischia il vento, più ancora di Bella ciao, è il canto per eccellenza della nostra Resistenza perché non la fa facile: ci inchioda a una dimensione tragica. Se nei cortei del 25 aprile alle bande musicali viene meglio suonare Bella ciao, il nostro canto malinconico della Liberazione non può prescindere da Fischia il vento: memoria in bianco e nero di una guerra civile nella quale sappiamo però che c’erano una ragione di civiltà contrapposta a un torto criminale. Ancora oggi siamo chiamati a schierarci.
D’accordo, è solo una canzone. Ma come il vento, la senti arrivare gelida da lontano, più precisamente da oriente. Il fatto che sia una traduzione, e che la musica sia inconfondibilmente russa, l’arricchisce di gravità. Fornisce la percezione di un accadimento europeo, più grande di noi, nel quale però le brigate partigiane restituirono a un’Italia disonorata un ruolo nobile di protagonismo. La canti anche da solo, ma sempre pensandola in coro. Non è allegra, ma vibra. Esprime la fatica di una guerra dall’esito incerto, non la baldanza di una vittoria già conseguita.
Oggi che a soffiare è il vento di una crisi prolungata negli anni, oggi che la bufera imperversa come sofferenza sociale diffusa, Fischia il vento diviene l’insegna di tante buone pratiche di Resistenza più che mai necessarie. Per chi ancora crede nel “sol dell’avvenir”.

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