Il Manifesto di martedì 22 aprile ha descritto in un articolo intitolato “Epurati e conti in rosso, la vecchia novità de Linkiesta” i problemi del quotidiano online Linkiesta. Il racconto del “Manifesto” inizia con il licenziamento di Fabrizio Goria, probabilmente la firma più famosa della testata, uno dei giornalisti economici più seguiti su Twitter con più di 30 mila follower. Goria ha abbandonato Linkiesta insieme ad altri due redattori che avevano partecipato alla fondazione del quotidiano online, avvenuta ormai più di tre anni fa. Secondo il “Manifesto” ciò corrisponde alla nuova linea del direttore Marco Alfieri, che vuole ridurre i giornalisti e rafforzare la parte di redattori volontari al fine di contenere i costi. I conti de Linkiesta, scrive il quotidiano comunista, non sono per nulla positivi. ” L’ultimo bilancio, quello del 2013, segna infatti una perdita di circa 1,8 milioni di euro, e pensare che il licenziamento di Gallo era stato motivato un anno fa con la necessità di abbattere i costi, e l’uscita dall’azienda di Tondelli e degli altri — che alle ragioni addotte dagli amministratori evidentemente non avevano creduto — aveva sicuramente contribuito ad alleggerire il conto. E invece i conti sono peggiorati sensibilmente rispetto al passato, e oggi a Linkiesta si cercano nuovi finanziatori”. L’anno scorso il primo direttore de Linkiesta, Jacopo Tondelli, si era dimesso, dopo che il condirettore Gallo era stato licenziato dalla proprietà senza consultarlo. I problemi della testata online sarebbero riconducibili anche alla linea politica che i maggiori azionisti de Linkiesta vorrebbero dare. Così erano stati interpretati i licenziamenti di Gallo e l’addio a Tondelli, che aveva tra l’altro ammesso nella sua lettera d’addio lo scontro in merito al troppo tiepido appoggio a Matteo Renzi alle primarie del centrosinistra del 2012. I problemi economici ed editoriali stanno caratterizzando l’avventura de Linkiesta, anche se questo progetto sembra poter ripartire grazie a due finanzieri disposti ad investire circa 700 mila euro. Un aiuto non disinteressato secondo il Manifesto, che rimarca come la storia della testata online assomigli molto a quanto già capitato in altre, più tradizionali avventure sulla carta stampata. ” Un giornale nato con l’aria altera della «prima public company» dell’editoria italiana, e col sogno di dimostrare che era internet il luogo in cui l’informazione indipendente e liberal poteva finalmente trovare casa in Italia. E invece, inseguendo in rete le tracce delle burrascose vicende de Linkiesta.it, si leggono storie di epurazioni, di finanzieri che cercano sponde in politica, di editori che premono sulla linea editoriale e di conti in profondo rosso scaricati sui lavoratori. Dove sia la novità, per un giornale della borghesia italiana, resta effettivamente un mistero”.