Le lavoratrici domestiche straniere “schiave” in Qatar

mercoledì, 23 aprile 2014

Il Qatar è un paradiso per molti investitori e piace sempre più il turismo, ma si rivela un inferno per le lavoratrici domestiche straniere. La denuncia arriva da Amnesty International, che ha pubblicato un rapporto sulla condizione subita dalle numerose donne impiegate come collaboratrici domestiche. Sul sito del “Corriere della Sera” vengono descritti i tratti principali di questo rapporto. ” Il rapporto di Amnesty International descrive casi di lavoratrici domestiche straniere minacciate di violenza quando hanno provato a dire che intendevano lasciare il lavoro. Quando riescono a fuggire dall’abitazione dove sono segregate, vengono ricercate come fossero delle evase. La loro fine, spesso, è il centro di espulsione della capitale Doha. Circa il 95 per cento delle donne che nel marzo 2013 si trovavano nel centro di espulsione della capitale Doha era costituito da lavoratrici domestiche straniere”. In Qatar ci sono 84 mila lavoratrici domestiche di origine stranieri, provenienti da paesi asiatici in maggioranza, ma talvolta anche dalle nazioni dell’Est Europa. Molti di loro sono “ingannate” sulle condizioni di assunzione, e si trovano a dover lavorare per 100 ore alla settimana, senza alcun giorno di pausa. Condizioni durissime da cui è quasi impossibile sfuggire, vista l’assenza di tutela normativa, e la “tolleranze” delle autorità del Qatar verso trattamenti così irrispettosi di diritti umani fondamentali. Come sintetizza il “Corriere”, “L’assenza di protezioni nelle leggi del Qatar (non prevedono limiti di orario né il giorno libero né procedure per presentare denunce al ministero del Lavoro), il sistema dello sponsor che impedisce di lasciare l’impiego o il paese senza il permesso del datore di lavoro e il frequente divieto di lasciare l’abitazione fanno sì che molte lavoratrici domestiche straniere si ritrovino isolate, invisibili e alla mercé di datori di lavoro violenti”. Nei mesi scorsi Amnesty International aveva denunciato lo sfruttamento e le numerosi morti che avevano colpito i lavoratori stranieri “occupati” nei cantieri degli stadi dei Mondiali di calcio del 2022.

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