Il 1 maggio è ricominciare da Taranto, dove hanno perso tutti

giovedì, 1 maggio 2014

Bisogna avere l’umiltà di ricominciare da Taranto, quando si rivendica la dignità del lavoro nell’epoca della sua retrocessione. Perchè a Taranto hanno perso tutti, nel gorgo miliardario dei profitti che pareva trascinare in cielo la famiglia Riva, cioè i padroni-azionisti, e invece li ha trascinati anch’essi nella polvere avvelenata che alla gente di lì tocca inspirare, pena la perdita del reddito da lavoro.
Personalmente ricordo la trasmissione dell’Infedele dalla piazza del rione Tamburi a Taranto -era l’autunno 2012- come una delle mie esperienze più significative in tv; ma anche come passaggio conclusivo. Perchè era impossibile fornire una sintesi di ciò che stava frantumandosi sotto i nostri occhi: dirigenza aziendale intenta a usare le maestranze come arma di pressione sullo Stato; sindacati compromessi; politica screditata e diocesi compiacente; lacerazioni fra i lavoratori e le loro famiglie; l’errore politico (non giudiziario) di Vendola che aveva creduto nella trattativa con un capitalismo nordista rivelatosi molto peggiore di quanto apparisse; un establishment colluso che cerca nella severità della magistratura il suo capro espiatorio; la malavita organizzata che somma inquinamento morale a inquinamento ambientale…
L’elenco disarmante potrebbe continuare. Ma alla base di tutto c’è il lavoro siderurgico nell’acciaieria. La sua fatica. La sua indispensabilità. I pericoli e le incognite che l’accompagnano. L’acciaio che si sbriciola sembra un controsenso ma è l’inizio di tutto, nell’illusione che i soldi bastassero per mettere a tacere un sistema distorto addomesticando le normative.
Ben comprendo che a Taranto oggi si celebri un 1 maggio alternativo a quello ufficiale delle confederazioni sindacali, reduci da una sconfitta cocente nell’elezione delle rappresentanze aziendali. Mi fa piacere che uno degli sconfitti, Maurizio Landini, vada a Canossa per confrontarsi con la ferita che brucia. Avessi potuto, ci sarei andato anch’io (solo per ascoltare).
Il fatto che alla vigilia di questo 1 maggio tarantino se ne sia andato Emilio Riva, all’età di 88 anni, non deve c’entrarci nulla. Anche se la sua vicenda incombe sulla mancata festa dei lavoratori in un anno, il 2014, caratterizzato dalla silenziosa ma implacabile decurtazione dei loro redditi. E dei loro diritti.

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