L’appello di Malala Yousafzai in favore delle 223 studentesse nigeriane rapite dall’organizzazione terrorista Boko Haram sta mobilitando il mondo. La ragazza pakistana, anch’ella vittima della violenza fondamentalista – fu aggredita quasi mortalmente dai pakistani – ha lanciato sui social network una campagna che chiede la liberazione delle giovani rapite e sequestrate perché andavano a scuola. Sotto l’hashtag #Bringbackourgirls, Portate a casa le nostre ragazze, milioni di persone si stanno mobilitando in loro favore.
#Malala stands in solidarity with Nigerians & people everywhere calling for action to #BringBackOurGirls pic.twitter.com/woAjreav0W
— Malala Fund (@MalalaFund) 4 Maggio 2014
La campagna è partita dalla studentessa pachistana Malala Yousafzai, icona della lotta contro i talebani in Pakistan e nel mondo, che ha chiamato “sorelle” le oltre duecento ragazze rapite in Nigeria dai fondamentalisti Boko Haram. Come scritto dall’agenzia TM News, in un’intervista alla TV americana Cnn, Malala, 16 anni, ha spiegato inoltre che il gruppo estremista dietro il rapimento di massa non comprende l’islam e non ha studiato il Corano: “Stanno abusando della parola islam perché hanno dimenticato che islam significa ‘pace’”, ha affermato la studentessa che nel frattempo vive a Birmingham. “Quando ho appreso delle ragazze rapite in Nigeria mi sono rattristata molto e ho pensato che le mie sorelle sono in prigione e che dovevo parlare per loro”, ha spiegato la giovane che nel 2012 nel nord-ovest del Pakistan è stata colpita alla testa da un proiettile esploso dai talebani, solo perché voleva andare a scuola. La campagna è stata appoggiata anche dalla First Lady americana Michelle Obama.
Our prayers are with the missing Nigerian girls and their families. It's time to #BringBackOurGirls. -mo pic.twitter.com/glDKDotJRt
— The First Lady (@FLOTUS) 7 Maggio 2014