Roberto Perotti: il grande errore di Expo

martedì, 13 maggio 2014

Il docente dell’Università Bocconi ed editorialista del “Sole 24 Ore” Roberto Perotti illustra in un articolo sul sito “Lavoce.info”, sintesi di un ebook scaricabile gratuitamente,  perché l’Expo sia un grande errore. Le considerazioni dell’economista vanno oltre i recenti casi di cronaca giudiziaria che hanno interessato la manifestazione, che si aprirà tra poco meno di un anno presso la fiera di Rho-Pero. Perotti rimarca come uno dei motivi per cui l’opinione pubblica e l’establishment politico ed economico siano stati indotti all’errore su Expo sia il fatto che i costi e i benefici di questa manifestazione non sono stati discussi in maniera adeguata. Il docente della Bocconi cita a questo proposito uno studio, la cui tabella riportiamo in questo post, in cui si evidenziava un effetto solo benefico sul Pil e sull’occupazione determinato da Expo. Uno degli esempi del “sonno della ragione” capace di generare mostri, come rimarca l’economista.

Perotti evidenzia come i 3,2 miliardi di costo dell’opera, relative alle sole infrastrutture di Expo quali nuovi padiglioni e cosi via, senza le nuove reti di collegamento, non siano risorse gratuite. Per recuperare questi soldi lo stato dovrà aumentare le tasse, così da determinare una flessione della creazione di ricchezza. “Il primo costo da considerare ovviamente è che i soldi non piovono dal cielo. Per investire 3,2 miliardi prima o poi bisogna alzare le tasse di circa 3,2 miliardi (questo non significa che l’Expo non possa essere finanziato in deficit, ma solo che prima o poi bisognerà ripagare il debito alzando le tasse). (3) Ma alzare le tasse riduce la produzione e il Pil. Come altro esempio, si prendano i flussi turistici. Si attendono 20 milioni di visitatori, di cui circa 15 milioni italiani. I loro consumi non sono tutti aggiuntivi. Ovvviamente nei due giorni che visita l’Expo il visitatore riduce altri tipi di consumi: se non avesse visiato l’Expo, magari sarebbe andato al ristorante nella sua città, oppure allo stadio, oppure a un museo. Tutti questi consumi mancati dovrebbero essere conteggiati in riduzione dei consumi aggiuntivi”. Perotti illustra inoltre un altro problema relativo a questo tipo di stime, ovvero il fatto che le risorse impiegate per un’opera quale Expo avrebbero potuto essere impiegate in molti altri modi capaci di stimolare anche maggiormente l’economia. ”  Significa questo che vale la pena intraprendere il progetto? Non necessariamente. Ci potrebbero essere altri progetti che generano un aumento ancora maggiore, e ad un costo inferiore.Ecco due esempi, fra le migliaia possibili”. L’economista rimarca come con l’imponente dote finanziaria di Expo Milano avrebbe potuto essere ripulita dai graffiti che la imbrattano, oppure avrebbero potuto essere costruite un numero imponente di piscine. L’Italia è uno dei paesi meno dotati in Europa di questa infrastruttura sportiva. Simili errori di calcolo sono stati poi appesantiti dalle stime eccessive sull’aumento del turismo. Come ha dimostrato il caso delle Olimpiadi di Torino, i grandi eventi non provocano un incremento così significativo di visite per turismo. La conclusione di Perotti sottolinea come per i politici le manifestazioni come Expo hanno un elevato valore simbolico, e siano più attraenti rispetto ad altre opere più utili per la cittadinanza. ” Per un politico e un amministratore è molto più appariscente ed appagante fare l’ Expo che costruire delle piscine, togliere le buche dalle strade, o eliminare i graffiti dai muri. Ogni amministratore, ogni politico sogna di essere un grande statista.Quando fallisce ogni argomento razionale, c’è sempre il valore simbolico. La grande opera serve per “creare un simbolo per il paese”, un “punto di rottura”, “un fulcro su cui catalizzare le energie di rinnovamento”, per “realizzare un sogno che vada al di là dell’ ordinario”. Se questa è la giustificazione, allora il costo dell’ opera e i suoi benefici diventano secondari, e questo è sempre pericoloso: basta invocare l ‘ “effetto sogno” per giustificare qualsiasi cosa, e per tacciare gli oppositori di “volare basso”.
Ma quando si rinuncia ad ogni considerazione razionale di costi e benefici per la collettività, il rischio è che, passata la sbornia retorica, i simboli di ieri divengano delle zavorre, o addirittura degli incubi”.

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