Il no della Cgil ad Alitalia-Etihad in difesa della cassa integrazione

mercoledì, 16 luglio 2014

Dopo una trattativa lunghissima l’acquisizione di Alitalia sembra sul punto di arrivo. Il nodo banche, il più difficile,dovrebbe essere risolto, e anche i sindacati hanno dato un consenso maggioritario al piano di ristrutturazione della compagnia aerea.  La Cgil è al momento l’unica grande forza di rappresentanza dei lavoratori ad essersi opposta all’intesa. Gli esuberi sono stati fortemente ridotti, con la mobilità per 954 dipendenti di Alitalia e l’esternalizzazione di altri 681. Il no della Cgil dipende dalla misura scelta per la mobilità dei 954 lavoratori di Alitalia: niente cassa integrazione, ma un nuovo strumento, il contratto di collocamento. Il sindacato di Susanna Camusso si oppone perché in questo modo si creerebbe un “precedente pericoloso”, ovvero la fine del legame tra lavoratore ed azienda in crisi. James Hogan, il Ceo di Etihad, è stato molto chiaro da questo punto di vita, visto che per i lavoratori posti in mobilità non ci sarà possibilità alcuna di essere riassunti, a causa del già eccessivo numero di dipendenti della compagnia aerea. La cassa integrazione è un ammortizzatore sociale che serve per tentare di salvare il posto di lavoro all’interno dell’azienda, mentre con il nuovo contratto di collocamento ci sarà una corposa integrazione al reddito – 80% dello stipendio per i prossimi quattro anni – che però rescinde il legame con il posto di lavoro ormai cancellato. Il no della Cgil appare limitato alla volontà di non creare questo tipo di precedente in una ristrutturazione così simbolica come quella di Alitalia, più che ad un rifiuto complessivo della soluzione prospettata da Etihad.

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