Uno stile di governo opaco alimenta voci e allusioni sulla “massoneria toscana”

giovedì, 31 luglio 2014

Oggi è Gianantonio Stella a dedicare una pagina intera del “Corriere della Sera” ai toscani entrati a far parte della compagine di governo. La settimana scorsa ci pensò Marco Damilano a alludere a reti informali solidissime, nel finale di un articolo dell'”Espresso” dedicato ai rapporti professionali fra Verdini e il padre di Renzi.
Di fatto uno stile di governo opaco, verticista, informale, in cui sono chiamate a comandare figure semi-ignote contraddistinte da un rapporto personale diretto con Matteo Renzi (i vari Carrai, Lotti, Boschi mentre gli altri finiscono per risultare intercambiabili), ha alimentato nell’establishment la convinzione -mai dichiarata pubblicamente- che esista una massoneria toscana aggregata intorno alla prepotente ascesa del premier. I rapporti con Verdini, certo, ma anche certi sviluppi alla Fondazione Mps piuttosto che nelle nomine degli enti che contano, fino alle strizzatine d’occhio sullo staff economico appena nominato per Palazzo Chigi.
La stessa caduta in disgrazia di Carlo Cottarelli, intenzionato a lasciare la “spending review” dopo l’estate, conferma l’impressione che Renzi lavori solo con i fedelissimi. E che fra i fedelissimi ce ne siano di intercambiabili (vedi Gori, ma si dice ora anche Delrio) e di inamovibili. Questi ultimi sono i toscani.
Saranno tutte balle complottiste, volgari insinuazioni. Ma si alimentano di uno stile di comando che sembra fatto apposta per avvalorarle.

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