Ieri alla Camera ho partecipato a una interessante assemblea dei deputati Pd sulla situazione in Medio Oriente. Grazie dell’invito. Anche le conversazioni informali prima dell’incontro sono state istruttive: per la prima volta in Transatlantico da più parti mi sono pervenuti accenni al “dilettantismo” con cui il governo formula i provvedimenti legislativi e al suo eccesso di improvvisazione. Ma soprattutto ho sentito dare per scontato il nome dell’uomo della provvidenza nel caso, ormai apertamente ipotizzato, di un fallimento di Renzi. Mario Draghi. È fantapolitica, lo so. Di Draghi si parla più realisticamente per la successione di Napolitano al Quirinale, e magari dal colle più alto potrebbe operare la “supervisione” di un governo “dilettantesco”.
Poi nel pomeriggio è giunto da Francoforte l’auspicio a una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali all’Unione anche in materia di riforme. Un invito tagliato su misura per l’Italia in recessione. E allora ho pensato che il podestà forestiero necessario a governare la penisola, il sostituto della Troika, in fondo ce l’abbiamo in casa e parla italiano.