Renzi e il capitalismo di relazione: attento all’effetto “can che abbaia non morde”

sabato, 23 agosto 2014

Su alcune scelte cruciali riguardanti gli assetti del potere economico italiano -da Telecom alla Fiat, passando per l’Ilva e le nomine pubbliche- nel suo semestre da premier Renzi si è sempre premurato di rassicurare i “soliti noti”. Ora concede a Luigi Amicone, direttore di “Tempi”, l’intervista di riparazione per la sua assenza al Meeting di Rimini, e suona una musica che dovrebbe piacere ai ciellini: “basta con la trita e ritrita economia di relazione”. Meglio tardi che mai, nella sinistra italiana c’è chi propone l’abolizione dei patti di sindacato (Guido Rossi) da una decina d’anni, anche se poi gli stessi non brillavano per coerenza, rendendo omaggio al Geronzi di turno.
Evidente che Renzi ha bisogno di bersagli sempre nuovi per definirsi come rinnovatore coraggioso solo contro tutti: la vecchia politica, gli alti burocrati, i sindacalisti retrivi… e ora anche i padroni del vapore collusi tra loro. Il pericolo che corre, però, è che alla lunga queste sue sfuriate, lungi dall’intimorire i destinatari, risultino minacciose come il famoso proverbio: can che abbaia non morde.

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