Continuo a essere attraversato da un dubbio: non sarebbe stato meglio se -un anno fa- Obama avesse portato a termine il suo piano di intervento militare per rovesciare il regime siriano, macchiatosi di crimini di guerra contro la sua stessa popolazione? Le portaerei erano già al largo di Latakia. La protesta di papa Francesco, le perplessità degli alleati, e infine il veto di Putin dissuasero il presidente americano. Era il settembre del 2013 e il presidente siriano Assad lanciava una controffensiva per reprimere gli insorti, risparmiando solo la regione controllata dai jihadisti di Abu Bakr al-Baghdadi, il futuro califfo dell’Is. Cioè l’avversario che gli faceva comodo per intimidire gli occidentali intenzionati a rimuoverlo dal potere.
Oggi il ministro degli Esteri di Damasco offre agli Usa collaborazione nella guerra contro il califfato, chiedendo in cambio legittimazione internazionale per un regime sanguinario che improvvisamente potrebbe risultare utile per garantire la stabilità pericolante. E’ una profferta semplicemente disgustosa, mi auguro venga respinta al mittente. Una cosa è il dialogo avviato dalla Casa Bianca con l’Iran, attore imprescindibile degli equilibri mediorientali. Ben diverso sarebbe assecondare il dittatore che prima ha distrutto un’opposizione laica e civile, poi si è messo a gridare al pericolo jihadista.