Il diario veneziano del cinefilo Alberto Alfredo Tristano/1

mercoledì, 27 agosto 2014

Da oggi abbiamo il piacere di ospitare le impressioni di Alberto Alfredo Tristano sulla Mostra del Cinema di Venezia.
E’ nuovamente messicana la buona stella cui Barbera s’affida per la Mostra di Venezia: l’anno scorso “Gravity” di Cuaron aprì le danze al Lido e dominò gli Oscar, quest’anno “Birdman” di Iñárritu riprova il colpaccio, provando già dalla Laguna, visto che è in concorso. Teatro e vita ballano una nevrotica danza di scambio nella testa di Riggan Thomson, divo hollywoodiano (celebrità più che attore, gli imputa la critica teatrale ferocissima del “Times”) che insegue a teatro la sua vera affermazione professionale: portare sulla scena l’amato Carver, entolomogo dell’amore. Fu un biglietto dello scrittore al Riggan studente a fagli imboccare la strada della recitazione. La fama venne con Birdman, ennesimo supereroe chiamato a salvare il mondo dai mostri; ma in età matura non la fama ma la gloria va cercando l’invecchiata star, sostanzialmente schizofrenica visto che sente il suo eroe parlargli, come voce interiore della sconfitta ventura. Ma Riggan è testardo, nonostante i fallimenti che accompagnano il suo avvicinarsi alla “prima”. La pura cresce, è grande e travolgente, per debuttanti e veterani. Esordire sarà un po’ morire.
Recitata con gran senso della autoironia da Michael Keaton, che in effetti fu uomo-uccello nel primo “Batman” di Burton, il film di Iñárritu è un’amara parabola sulla recitazione come esorcismo della malattia, un tentativo di ricostruzione di una personalità andata in pezzi, vestendo sulla scena l’identità altrui, quella fittizia ma non falsa (l’arte non mente) dei personaggi. Tutto giocato tra la scena, il retroscena e il marciapiede antistante il Teatro St. James di New York, “Birdman” racconta i continui slittamenti di quegli strani animali chiamati attori tra l’intimo del loro privato e la sostanza universale delle loro incarnazioni. Indeciso sul finale, Iñárritu allestisce con estro virtuosistico (in pratica il film è un piano-sequenza di oltre due ore che compatta tre giorni in un racconto di continuità senza stacchi apparenti di montaggio, grazie a ellissi e passaggi tra ambienti) un film sul tema teatro-vita: materia non originale ma raccontata con spirito autentico, incalzante. Appesantito giusto da qualche lentezza, “Birdman” è il classico film candidabile a tutto: per gli esiti tecnici e le prestazioni artistiche. Della regia si è detto, per quanto Iñárritu abbia da subito dato prova di perizia difficilmente eguagliabile – basti ricordare “Amore perros” e “Biutiful” – e dunque la constatazione va quasi sottintesa, gli interpreti sono tutti in parte, da Keaton a Edward Norton a Naomi Watts; ogni elemento è calibrato, con particolare nota al merito per la colonna sonora, che mischia una eccezionale partitura ritmica di Antonio Sanchez (non dimentichiamo che il presidente della giuria è Alexander Desplat, uno dei maggiori compositori contemporanei per il cinema) con repertorio a base di Ravel, Tchaikovsky e John Adams. Impossibile non tenerne conto per il verdetto.
E’ invece una parabola politica, che comincia come un satira kitsch sul potente e finisce nella tragedia, “The President” di Moshen Makhmalbaf. In un periodo in cui dittatura e violenza sconvolgono il quadro politico internazionale non si può non percepire come necessario un lavoro come questo del regista iraniano: che ambienta in un immaginario paese caucasico il crollo di una dittatura che travolge il presidente e suo nipote, costretti a vagare e nascondersi per sfuggire alla taglia messa su di loro. Intelligente e dura disamina del potere e delle sue conseguenze, anche rispetto alla psicologia della massa e alla inutile catarsi del sangue, come “Birdman” ha qualche minuto di troppo e qualche ripiegamento retorico. Ma la condotta narrativa è di un rigore morale esemplare, ci sono almeno un paio di scene da antologie (tutto il finale, e il suicidio di un soldato deluso dall’amore) e sul finale il “ballo della democrazia” è una intuizione fine.
Alberto Alfredo Tristano

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