Purtroppo hanno ragione i renziani che, con malcelata ironia, ricordano a Stefano Fassina il suo comportamento nel 2012: quando era responsabile economico del Pd di Bersani egli borbottò sottovoce le sue perplessità, ma acconsentì per realpolitik alla scelta conformista del partito; cioè alla riforma costituzionale che metteva “fuorilegge” Keynes (l’ho scritto tante volte su questo sito, facendo appello per un voto contrario) inserendo l’obbligo di pareggio di bilancio nella nostra legge fondamentale.
Perchè Fassina e gli altri che oggi presentano l’emendamento contro l’obbligo di pareggio di bilancio, solo due anni fa si adeguarono al pensiero dominante? Ma è semplice, perchè in una distorta logica di partito si considerava quello un sacrificio necessario per conquistare il potere. Disposti a chiudere un occhio sui contenuti, adeguandosi alla “vulgata” dominante, pur di apparire più credibili all’establishment. E’ la stessa ragione per cui i renziani oggi, pur sapendo benissimo che quella norma costituzionale è una fesseria, vivono con dispetto l’emendamento Fassina e preferirebbero lasciare le cose come stanno.
L’autocritica su questo modo di intendere la politica è a mio parere ineludibile da parte di chi ora vuole sviluppare in sede europea una visione alternativa su Fiscal Compact e disciplina di bilancio (non dimentichiamoci il referendum anti-austerità per cui è in corso la raccolta di firme). Tale riflessione sincera rafforzerebbe la proposta di emendamento sul pareggio di bilancio, rispondendo alle accuse di strumentalità.