Per farci sentire in Europa l’unica è firmare il referendum StopAusterità, non a caso temuto dai “manovratori”

sabato, 13 settembre 2014

La spaccatura pubblica manifestatasi all’Ecofin di ieri, con la Commissione che striglia preventivamente l’Italia anche solo sull’ipotesi di una maggiore “flessibilità”, conferma che sarà impossibile cambiare le politiche di bilancio dell’Ue attraverso la diplomazia di vertice. L’atteggiamento dei governanti che promettono riforme sperando di ottenere in cambio, sulla fiducia, un occhio di riguardo e magari il rinvio della morsa del Fiscal Compact, già da tre anni viene regolarmente disatteso dalla realtà. Il rispetto letterale dei trattati, l’austerità al primo posto, restano le direttive inderogabili, semmai inasprite dalla Commissione Juncker rispetto alla Commissione Barroso.
Per questo sono convinto che la politica debba riprendere la strada del coinvolgimento dei cittadini, della partecipazione attiva, se vuole tornare ad essere efficace. Per pesare in Europa bisogna fare per davvero “i compiti a casa”. Cioè mettere nero su bianco che l’Italia è pronta a derogare da una disciplina di bilancio e da uno scadenziario ottuso di pagamento del debito che ne strangolano l’economia, trascinando a fondo anche il futuro dei suoi partner comunitari.
Mancano poco più di due settimane. Entro il 30 settembre dovrà essere completata la raccolta di firme per il referendum abrogativo di quattro norme della legge 243 del 2012, in pratica la legge attuativa dell’obbligo di pareggio di bilancio, introdotto addirittura nella nostra Costituzione. Finora la raccolta di firme è stata circondata da una cortina di silenzio perchè i leader politici preferiscono la diplomazia di vertice all’azione dal basso. Solo la Cgil sta fornendo un appoggio sostanziale alla raccolta delle firme, ma rischia di non bastare. A parole si dicono d’accordo quasi tutti con le ragioni del referendum ma in pratica i teorici delle manovre di vertice lo temono. Eppure, ne sono certo, se superassimo il traguardo delle 500 mila firme prima della fine del mese, in Europa comincerebbero a portare più rispetto per le nostre ragioni. Questo difatti è un referendum europeista, che opera cioè nel senso di una visione sociale del nostro destino comune. Temo invece che per reazione ai vari Katainen teorici dell’austerità, riesploda in Italia un’ondata anti-europeista magari stavolta guidata dal premier Renzi, autoproclamatosi leader del “partito della nazione”. Non abbiamo bisogno della vecchia retorica fascistoide da “nazione proletaria”, abbiamo bisogno di una nuova Europa sociale. Per questo vi invito tutti a Firmare nei pochi giorni che mancano, nei luoghi indicati dal sito del comitato promotore del referendum.

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