Solo posti in piedi nella corsa per gli Oscar del cinema italiano

domenica, 14 settembre 2014

Volentieri ospitiamo questa riflessione di Alberto Alfredo Tristano.
La Brianza&finanza del “Capitale umano”, il musical poliziottesco “Song’e Napule”, il ritorno del baratto di “In grazia di dio”, il melodramma chemioterapico “Allacciate le cinture”, la faida aspromontana di “Anime nere”, la sorellanza delle “Meraviglie”, la commediola familiare di “Sotto una buona stella”.
I sette film che si giocano la candidatura italiana agli Oscar sembrano avere un tratto in comune: sono racconti di territori marginali, storie di province, lontane dal romanocentrismo tipico del nostro cinema (ad eccezione della pellicola di Verdone). Anzi, alcune spingono al massimo la narrazione sullo spirito dei luoghi, vero filo rosso che attraversa almeno tre delle pellicole in gara, forse proprio le migliori: la Napoli ultracaratterizzata eppure fresca, canterina e spassosissima che i Manetti Bros hanno dipinto in “Song’e Napule”, la dimenticata Calabria restituita fin nella sua ostica lingua da Francesco Munzi per il suo noir “Anime nere”, una Puglia di una religiosità arcaica ed essenziale come le pietre dei muri a secco e gli ulivi sul mare nel bellissimo “In grazia di dio” di Edoardo Winspeare. Ci pare una qualità indubbia di questa selezione, alle prese finalmente con un Paese reale, lontano dal circuito spesso autoreferenziale di Roma bella, capace di localizzarsi per rinnovarsi, per trovare un nuovo respiro.
Sembra di capire che però la gara sarà a due tra “Il capitale umano” e “Le meraviglie”: il primo – probabilmente favorito – già omaggiato ripetutamente dalla premiologia nazionale, tratto da un romanzo americano, tecnicamente pulito, benissimo posizionato su una medietà che piace a tutti e non fa male a nessuno. Peraltro, da buono e rodato prodotto lombardo, il film di Virzì si attaglia benissimo alla vetrina merceologica dell’Expo milanese dell’anno venturo. Quanto alle “Meraviglie” di una sorella Rohrwacher (Alice) con una sorella Rohrwacher (Alba), ha dalla sua un premio importante all’ultima Cannes e la presenza nel cast di Monica Bellucci che ha sicuro appeal internazionale.
Brianza contro Etruria, quindi. Con buona pace di Roma, dopo la sbornia cafonal-dannunziana della “Grande bellezza” che ha riportato a inizio anno l’Oscar in Italia. Staremo a vedere.
E a proposito di film e premi, il 14 settembre di cento anni fa nasceva a Genova uno dei registi più grandi e premiati del cinema italiano: Pietro Germi. E’ riprovevole che la sua memoria (che in quest’anno avrebbe doppia occasione, essendo anche il quarantesimo dalla morte, il 5 dicembre) sia stata così clamorosamente ignorata. E parliamo dell’autore di “Divorzio all’italiana”, “Signore & signori”, “Sedotta e abbandonata”, “Il ferroviere”. Nessun omaggio, nessun ricordo, né cicli di proiezioni, o rassegne o convegni. Niente. Una cosa è certa: per questa indecorosa dimenticanza, nel sistema culturale italiano più di qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Alberto Alfredo Tristano

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