A meno di ulteriori colpi di scena oggi l’accordo tra Pd e Forza Italia dovrebbe finalmente consentire alla Camere riunite l’elezione di due giudici costituzionali: Luciano Violante e Donato Bruno. Singolare assai è il tragitto decennale di Luciano Violante, approdato alla politica dall’impegno in magistratura che lo vide specialmente attivo nel contrasto della cosiddetta “eversione”, sia di estrema sinistra che di destra. Come dire che Violante fu un magistrato che ebbe necessariamente a che fare con la politica fin dal principio. E quando arrivò in Parlamento, e quando divenne dirigente di partito, e quando rivestì un’alta carica istituzionale, questa relazione intrinseca fra giustizia e politica ne fece -svolta dopo svolta- un campione di realismo. Sì, direi che è la realpolitik il tratto caratterizzante che oggi consente a Violante di ritornare giudice. Approda alla Corte Costituzionale dopo anni in cui ha teorizzato (e invano perseguito) un accordo istituzionale con Berlusconi. Diciamo che Violante è stato un precursore del patto del Nazareno, il che spiega perché Renzi, anziché rottamarlo, oggi lo premia.