Bombe su Raqqa, la città che l’Is ha trasformato in un inferno

martedì, 23 settembre 2014

Esecuzioni capitali ogni venerdì sulla piazza principale, con i corpi dei condannati esposti per giorni allo sguardo dei bambini; divieto di circolazione per le donne sole; taglieggiamento sistematico degli esercizi commerciali. Non è solo la denuncia trasmessa con mezzi di fortuna da una popolazione terrorizzata. E’ il regime dispotico rivendicato e propagandato dalla stessa propaganda dello Stato Islamico, che ha nella città siriana di Raqqa la propria infernale roccaforte.
L’intervento militare degli Usa e degli (ambigui) paesi arabi che ora lo appoggiano, giunge tardivo. Si è lasciato che Assad indebolisse l’ala democratica e laica della rivolta popolare, risparmiando invece i qaedisti che poi da qui hanno dilagato nell’Iraq settentrionale. Chissà, forse se Obama non si fosse lasciato arrestare dal veto di Putin e dalle perplessità degli europei l’anno scorso, oggi non sarebbe costretto a coordinare i bombardamenti con un’informazione preventiva del governo di Damasco. Scelta imbarazzante ma probabilmente senza alternativa.
Restiamo col fiato sospeso a interrogarci su quali crudeli contromisura possa aver escogitato l’autoproclamato Califfo al-Baghdadi in reazione a un attacco che di certo non coglie impreparato l’Is. Temiamo per la vita di altri ostaggi innocenti. Ma l’Is si è macchiato di tali e tanti crimini che lasciargli più a lungo mano libera in Siria sarebbe stato irresponsabile.

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