Il Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro al momento in discussione al Senato, potrà funzionare solo se verranno apportare significative correzioni alla liberalizzazioni dei contratti a tempo determinato introdotta con il decreto Poletti. Questa è una delle annotazioni fatte sul sito “Lavoce.info” da Tito Boeri e Pietro Garibaldi, i due docenti della Bocconi e dell’Università di Torino, che sono stati gli ideatori del “contratto unico a tutele crescenti”. Questa tipologia contrattuale dovrebbe essere alla base del Jobs Act, ma Boeri e Garibaldi precisano che, in base al testo della legge delega approvato dalla commissione Lavoro al Senato, i contenuti sono ancora troppo vaghi per pronunciarsi sulla coerenza tra il progetto governativo e la loro proposta. I due economisti però rimarcano i capisaldi del “contratto unico a tutele crescenti”, che si basa su due fasi, una di inserimento, l’altra di stabilità. Nel primo periodo, che dura 3 anni, è essenziale che venga mantenuto un indennizzo monetario per i licenziamenti economici, così come la reintegra per quelli discriminatori. Alla fine di questa fase, dovranno valere le regole attualmente in vigore. La valutazione di Sacconi sul contenuto della legge-delega, ad esempio, non pare vicina alle idee di Boeri e Garibaldi, ma il contenuto normativo effettivo dovrà ancora essere valutato. Perchè il “contratto unico a tutele crescenti” possa essere efficace sono però necessarie forti correzioni alle regole del lavoro attualmente in vigore. I due economisti indicano come il decreto Poletti, che ha liberalizzato i contratti a tempo determinato introducendo la possibilità di 5 rinnovi in 3 anni senza causale, dovrà giocoforza essere limitato per non creare un mercato del lavoro di Serie B. ” Non possiamo immaginare un giovane che viene prima assunto per un totale di tre anni a termine con cinque contratti che durano sei mesi ciascuno e che poi debba iniziare un nuovo rapporto di lavoro con il contratto a tutele crescenti. Un mercato del lavoro di questo tipo sarebbe davvero di serie B. È evidente che, con il contratto a tutele crescenti, il contratto a termine può avere senso soltanto dietro specifiche circostanze (lavori stagionali, imprese a termine o grandi eventi come l’Expo). In circostanze normali, si deve entrare nel mercato del lavoro subito con il contratto a tutele crescenti e non con il contratto a tempo determinato”. Per Boeri e Garibaldi è necessario un nuovo intervento normativo che renda il “contratto unico a tutele crescenti” la tipologia prevalente per le nuove assunzioni. I due economisti ritengono sbagliati gli incentivi fiscali per favorire l’utilizzo del “contratto unico”, mentre sarebbe opportuno aumentare i contributi per le tipologie di collaborazione parasubordinate e a tempo determinato al fine di rendere meno vantaggiose per le imprese queste forme di lavoro. Boeri e Garibaldi rimarcano come diversi aspetti della loro idea siano già stati recepiti in una proposta di legge del senatore Nerozzi depositata nella scorsa legislatura.