Mucchetti: Il “Corriere” ha quasi sfiduciato Renzi

mercoledì, 24 settembre 2014

Riprendiamo questo post dal blog di Massimo Mucchetti.

CORRIERE DELLA SERA, QUASI SFIDUCIA A RENZI. Con l’editoriale di oggi, Ferruccio De Bortoli esprime le profonde riserve di ampi settori della classe dirigente sulle attitudini del premier di adempiere al dover suo. E tuttavia Matteo Renzi, forte di un’innata abilità nel marketing politico, conserva diffusi consensi nell’elettorato e nello stesso corpo del Pd. Mutatis mutandis, Renzi si trova nelle stesse condizioni del primo Berlusconi: padrone delle urne, ma poco credibile tra coloro che hanno le responsabilità maggiori in Italia e all’estero. E come Berlusconi può essere tentato di reagire alla reprimenda attaccando i giornaloni cinici e bari, strumento cieco d’occhiuta rapina di innominati “salotti buoni” ai danni del Paese.Se ascoltasse i più sofisticati tra i suoi consiglieri, Renzi potrebbe anche liquidare l’early warning del “Corriere” come l’estremo tentativo di battere un colpo da parte di un direttore in uscita (la Rcs Mediagroup ha annunciato il cambio di direzione per l’aprile 2015). Se poi ascoltasse anche i consiglieri più spregiudicati, potrebbe brigare per anticipare la sostituzione di De Bortoli da parte dell’azionista di maggioranza relativa della Rcs, che è poi la Fiat: quella Fiat marchionnesca non confindustriale e tanto, tanto filo governativa, forse in attesa di qualche supporto all’esportazione (probabilmente giusto), certo grata per il silenzio del premier (certamente sbagliato) sulla migrazione della sede a Londra e Amsterdam. Ma se seguisse le orme del suo improprio alleato, leader ormai traballante del centro-destra, il nostro premier perderebbe l’occasione per quel cambio di passo che solo può fermare la scivolata del Paese verso il nulla della politica come arte del governo.Capisco l’urgenza della riforma del mercato del lavoro (molto meno la cancellazione dell’articolo 18, questione simbolica e divisiva sui media, assai poco rilevante nella realtà: basterebbe sistemare la questione dei licenziamenti disciplinari.). Ma un premier che parla e tweetta senza soluzione di continuità dovrebbe forse dirci dell’altro. Che cosa pensa, Renzi, del flop dell’iniezione di liquidità della Bce nelle banche? Doveva essere il motore del credito per le imprese, e invece nisba. Le banche già grondano liquidità. A scarseggiar sono i clienti buoni. O forse le banche non sono più in grado di valutare al meglio il merito di credito della clientela. E allora come mai, tra tante riforme e riformette, non abbiamo mai sentito nulla da palazzo Chigi sul Testo unico bancario del 1993 e sul Testo unico della Finanza del 1998 alla luce degli accordi di Basilea e delle lezioni della Grande Crisi? Che significa prendersela con gli esperti che gufano e le avrebbero sbagliate tutte e non affrontare nel merito le loro principali scelte legislative?Cito questo esempio, ma ne potrei fare altri. Che senso ha evocare il modello tedesco nelle relazioni industriali senza nulla dire dell’architrave di quel modello che è il regime di codecisione tra rappresentanti degli azionisti e rappresentanti dei lavoratori? Possono le grandi aziende pubbliche diventare un modello riformista nelle relazioni industriali o ci acconciamo a seguire i consigli dei Leeden che girano a Firenze?Prendersela con le antiche classi dirigenti (quali, esattamente? Berlusconi ne fa parte o no?) senza affrontare la sfida culturale e politica implicita nel loro fallimento sta portando solo a un giro di valzer nelle poltrone, alla sostituzione talvolta casuale di un gruppo di potere con un altro: nel nostro caso, di un gruppo di giovanotti (non tutti) privi di competenze attestate da curricula decenti, ma assetati di buone sistemazioni.Renzi ha dimostrato di avere la capacità di avviare il cambiamento come nessuno prima di lui. E Dio sa quanto l’Italia abbia bisogno. E cambiare significa anche cambiare le persone. Non ha ancora dimostrato la capacità di costruire il pensiero d’azione e la squadra che servono al Paese. Il tempo per recuperare e’ poco. E questo e’ il dramma che incombe.
Massimo Mucchetti

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