Renzi a Detroit pasticcia sul “reintegro” perché cerca la provocazione nel Pd

sabato, 27 settembre 2014

E’ l’istinto, signori. E’ l’istinto nella scelta dei tempi, nella misura dei rapporti di forza, negli interlocutori cui appoggiarsi di volta in volta, è l’istinto che trasforma in fuoriclasse un professionista della politica. Come Renzi ce n’è pochi, nel bene e nel male. Per convenienza due anni fa s’era dovuto rimangiare la sua dichiarazione d’amore per Marchionne -ricordate? “Io sto con Marchionne senza se e senza ma”- la quale però esprimeva il suo autentico stato d’animo. Ora rispunta, perfino ostentata, quella sintonia, in corispondenza con una battaglia politica che Renzi ha deciso di condurre fino alle estreme conseguenze alla sua sinistra.
La frase pronunciata a Detroit, secondo cui il “reintegro” dei licenziati in base all’articolo 18 sarebbe da abolire perchè divide i lavoratori, non ha fondamento logico: alla lettera propone il passo del gambero sul terreno dei diritti visto che, rinunciandovi chi ne è titolare ritornerebbe uguale agli altri. Un superamento dell’apartheid nel senso che ritorniamo tutti schiavi? Ma non ha importanza. Renzi sa benissimo che si tratta solo di una boutade, il cui scopo è di avvertire la sinistra interna del Pd. Stavolta non farò il compromesso che voi mi proponete, perchè fra i risultati che intendo esibire in Europa c’è anche la vostra umiliazione. Travolgendovi, è il secondo calcolo, spingerò il Pd a trasformarsi in grande contenitore centrista, ospitale per settori dell’elettorato finora rimasti distanti. Marchionne vien bene amche per loro.
Istinto e astuzia. Forse in dosi eccessive. Nonostante l’aiuto involontario di Della Valle stavolta Renzi il travolgente rischia di andare a sbattere. Senza reintegro.

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