Mi vergogno un po’ a ritrovarmi nel mezzo di una guerra atroce, cioè nella regione curda dell’Iraq, a pensare da interista se devo stare con Moratti dimissionario o con Tohir proprietario. Dilemma da interista abituato a compiacersi della pazzia nerazzurra, che traduco in sociologia per cavarmi dall’impaccio. Ebbene sì, i Moratti li conosco, mi sono simpatici, gli voglio bene. Però l’ho già scritto in tempi non sospetti, procurando loro irritazione, che impersonano la decadenza di una borghesia milanese retrocessa nel business proprio allorché trionfava nel calcio e si permetteva addirittura il lusso di prestare una cognata a svolgere malamente il mestiere di sindaco. L’indonesiano Tohir è un’incognita, di certo un corpo estraneo. Avrà pure fatto assaggiare ai Moratti l’impronta padronale poco sopportabile da un ricco disabituato a stare in minoranza. Darà loro colpe che non meritano di vedersi appioppare. In definitiva è il nuovo padrone, che segna lo spostamento della ricchezza mondiale. Il calcio ci metterà degli anni a adeguarsi alle nuove gerarchie. Noi soffriremo fedeli nerazzurri sugli spalti. Almeno non chiedeteci di scegliere quale padrone preferiamo.