La crudeltà come metodo: ho visto ripetersi la stessa barbarie dei nazisti

sabato, 25 ottobre 2014

Lo so che oggi è una giornata importante per le sorti future della sinistra italiana, io stesso se non fossi appena tornato dall’Iraq probabilmente sarei andato alla manifestazione della Cgil. Ma fatico a leggere le prime pagine dei giornali perchè è più importante quello che ho visto e mi è stato raccontato direttamente dalle vittime sopravvissute. Bisogna che tutti lo sappiano: le zone conquistate e amministrate dal cosiddetto Stato Islamico (Isis) fra la Siria nord orientale e un buon terzo del territorio iracheno, comprese città importanti, prima fra tutte Mosul, sono zone assoggettate a un regime di terrore. Lì viene praticato lo sterminio dimostrativo dei maschi adulti appartenenti a etnie e confessioni ritenute neanche meritevoli di essere sottomesse.

Il campo profughi di Gawilan dove giungono i curdi siriani in fuga dalla città assediata di Kobane

Il campo profughi di Gawilan dove giungono i curdi siriani in fuga dalla città assediata di Kobane

Ho visto le foto di fucilazioni anche di bambini. E’ stato perpetrato il ratto di circa duemila giovanissime donne (dai 9 anni in su) e di alcune centinaia di bambini sottratti alle loro famiglie. Per tutti vigono regole di obbedienza oscurantiste. In strada respiri il fetore dei cadaveri abbandonati per intimidazione. Contro alcune popolazioni, come gli yazidi, il genocidio è stato teorizzato oltre che messo in pratica.
Ho visto ripetersi settant’anni dopo in Medio Oriente una pratica militare della crudeltà studiata ad arte che fu propria delle truppe naziste in Europa. Devo anche aggiungere, per onore di verità, che la regione del Kurdistan iracheno, nella quale il governo sta affrontando una catastrofe umanitaria senza precedenti, perchè sono oltre un milione i senzatetto in fuga, rimane anche l’unica regione in cui vige il rispetto dei diritti fondamentali della persona. Chi resiste lì all’assedio jihadista e presta soccorso ai profughi, merita qualcosa di più della nostra ammirazione. Deve subentrare al più presto il nostro aiuto. Ne parleremo nei prossimi giorni. Intanto rinnovo il mio grazie a UNHCR, l’Alto Commissariato per i rifugiati e i profughi delle Nazioni Unite, che ha organizzato il mio viaggio.

Un soldato peshmerga curdo iracheno a 10 km dalla linea del fronte di Mosul

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