L’assalto durante la preghiera del mattino nella sinagoga di Har Nof a Gerusalemme, compiuto con asce, coltelli e pistole, evidenzia la ferocia blasfema e insensata di una guerra di religione. Uccisi quattro fedeli disarmati, e molti altri sono feriti. Uccisi poi due sicari (ma si ipotizza che un terzo possa essere sfuggito) votati a questa ignobile caricatura di martirio, come se fosse nobile morire per uccidere i credenti di un’altra confessione mentre si rivolgono all’unico Signore. Ho scritto nei giorni scorsi dell’intifada, la terza intifada, ormai in corso a Gerusalemme, città nella quale ebrei e arabi palestinesi sono destinati a convivere nei secoli. E’ il frutto dissennato di irresponsabilità multiple che vanno da una politica urbanistica di intrusione provocatoria al rilancio mediatico di pretese ebraiche sulla Spianata delle Moschee, luogo sacro all’islam (e venerato anche come Monte del Tempio dell’antico regno d’Israele). La destra israeliana ha cavalcato queste tensioni pensando di trarne vantaggio politico, favorendo così lo scatenarsi di una rivolta tutt’altro che spontanea, dietro alla quale si intravede la regia jihadista. Trasformare in guerra di religione la vita quotidiana di Gerusalemme è il piano terroristico con il quale stiamo facendo ormai tristemente i conti.