Rosy Bindi ha ragione sulla brutta china del renzismo, ma la scissione è un’arma spuntata

mercoledì, 26 novembre 2014

Condivido la diagnosi di Rosy Bindi sulla parabola discendente del renzismo e sul pericoloso distacco in corso fra il premier e il popolo della sinistra. Sarò retrogrado, ma fra il percorso democratico di Rosy Bindi e la “modernità lady-like” di una Alessandra Moretti, mai avrò dubbi nel preferire la prima. Tanto più quando si riesuma il dileggio berlusconiano, e l’aspetto fisico come argomento polemico, per condannare alla rottamazione il dissenso. Trovo benefica per il Pd anche l’opposizione espressa da Rosy Bindi al Jobs Act in Parlamento, sperando che aiuti a mantenere un rapporto tra la politica e la protesta sociale organizzata dai sindacati.
Temo però che minacciare una scissione del Pd, come Rosy Bindi fa oggi sul “Corriere della Sera”, sia un’arma spuntata. Intendiamoci, la nascita di un nuovo partito di sinistra è un’eventualità tutt’altro che remota, nello spazio che Renzi sembra apposta spalancargli. Ma non la trovo augurabile. Sarebbe un passo indietro nella tutela degli interessi dei ceti popolari in Italia. Rischia di presentarsi come mera autotutela di uno spezzone di ceto politico. Non precipitiamo i tempi, il Partito democratico non sarà appannaggio di Renzi con la stessa facilità con cui il Psi divenne il partito di Craxi.

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