La Corte Suprema indiana boccia le richieste dei marò

martedì, 16 dicembre 2014

I due marò detenuti in India per l’omicidio di due pescatori scambiati per pirati non torneranno in Italia. La Corte Suprema indiana ha respinto la richiesta di allentamento della libertà vigilata per Massimiliano Latorre e  Salvatore Girone. Particolarmente severa appare la decisione per il primo dei due militari, Latorre, a cui dopo esser stato colpito da un ictus era stato concesso di tornare in Italia per curarsi e trascorrere il lungo periodo di convalescenza necessario in un simile caso. Il periodo garantito dal massimo tribunale indiano, quattro  mesi, non verrà prolungato, così che il marò dovrà lasciare l’Italia tra poco meno di un mese. Latorre aveva spiegato come probabilmente dovrà sottoporsi a una nuova operazione, chiedendo di prolungare la degenza in Italia di altri quattro mesi. Salvatore Girone invece non potrà tornare a casa per trascorrere le festività natalizie, come già verificatosi a fine 2012, per soggiornarvi per tre mesi. La Corte Suprema ha motivato la sua decisione con la necessità di svolgere rapidamente il processo ai due marò italiani, a quasi 3 anni dal doppio omicidio di due pescatori indiani. Il procedimento contro i due militari del nostro Paese non è però stato ancora istruito, visto che dalla Corte Suprema non è arrivata ancora il chiarimento necessario su che tipo di normativa applicare. La disputa tra Italia e India sui marò prosegue ormai da molto tempo, e il caso si è prolungato davvero oltre il limite del tollerabile. Un processo ancora lontano dall’istruzione a quasi 3 anni dai fatti, con un’accusa non pienamente formalizzata, rimarca quanto l’intera vicenda sia controversa e lesiva dei diritti dei due militari italiani. L’India afferma il suo diritto ad applicare la legislazione nazionale contestando che l’omicidio dei suoi due concittadini sia avvenuto in acque internazionali. I governi italiani che si sono succeduti in questi anni, Monti, Letta e ora Renzi, hanno cercato di trovare una soluzione diplomatica coinvolgendo le istituzioni internazionali, ma al momento le pressioni verso l’Unione Indiana non hanno prodotto risultati significativi. La sentenza odierna della Corte Suprema conferma la decisione delle istituzione indiane nell’affermare le proprie prerogative, e lo spostamento a destra del Paese, che ora ha un premier conservatore e nazionalista come Modi, non sembra aver favorito una rapida risoluzione di questo caso.

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