Mucchetti: Bisogna tassare i colossi del Web come Google e Apple

venerdì, 19 dicembre 2014

Una tassazione efficace delle più grandi aziende dell’ICT statunitense, come Google, Apple o Amazon è uno dei temi più dibattuti a livello europeo, ed è finora rimasto senza una vera soluzione all’interno del Vecchio Continente. Il senatore del Partito Democratico Massimo Mucchetti ha proposto un emendamento alla legge di Stabilità che prevede per le aziende che vendono online beni e servizi in Italia ma fatturano all’estero una possibilità di scelta tra un’imposizione del 26% del loro reddito, oppure un’assimilazione alle leggi nostrane. Mucchetti spiega a “La Repubblica” di venerdì 19 dicembre 2014 come Google, Amazon e Apple minino i bilanci degli Stati europei e distorcano la concorrenza grazie all’elusione fiscale sistematica praticata da normative conformi alla legge, e sfruttate abilmente dalle aziende statunitensi. Google o Apple, rimarca il senatore del PD, “sottraggono imponibile fatturando da paradisi fiscali bene e servizi dematerializzati ai clienti europei. La società emittente, basata in Irlanda o Lussemburgo, pagherebbe imposte modestissime. Ma arriva a non pagare nulla perché si carica di royalties da versare a una controllante, anch’essa offshore, così da pareggiare i ricavi. Questi diritti di sfruttamento di brevetti e marchi sono esentasse se chi incassa finanzia spese in ricerca della casa madre, ovunque nel mondo. È un meccanismo che Google e Apple ben conoscono”. Lo schema utilizzato dai colossi dell’ICT americano si basa sul concetto di “stabile organizzazione”, il perno degli accordi Osce per evitare la doppia imposizione fiscale alle attività economiche insediatesi in Stati diversi. Per Muchetti la “stabile organizzazione” è un principio ragionevole, ma legato al reddito economico prodotto dalle fabbriche. Aziende come Google guadagnano in altro modo, e per questo motivo secondo il senatore del PD bisogna proporre un’iniziativa che le obblighi a farsi tassare dove guadagnano. L’emendamento di Mucchetti prevede da una parte un’imposizione del 26%, dall’altra invece la possibilità di dichiarare la stabile organizzazione. Se Google lo facesse, pagherebbe meno dei 260 milioni previsti dalla Web Tax sui suoi guadagni pubblicitari, ma dovrebbe proporre un bilancio consolidato che indichi ricavi e costi delle sue attività in Italia, come fanno le altre aziende editoriali nel nostro Paese. Per il senatore del PD questa iniziativa sarebbe essenziale per proporre una modifica agli accordi Ocse sulla stabile organizzazione, che andrebbe coordinata insieme agli altri Paesi industrializzati. La Gran Bretagna di David Cameron ha appena introdotto una simile tassa, e secondo Mucchetti il governo italiano dovrebbe sfruttare questa occasione per rafforzare una trattativa all’interno degli organismi internazionali su come tassare le grandi multinazionali del web.

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