Felice Casson, qui urge rettifica: devi scegliere tra Venezia e il Senato, se no è troppo comodo

sabato, 27 dicembre 2014

Leggo l’intervista rilasciata da Felice Casson a Andrea Scanzi per “Il Fatto”, della quale mi attrae il titolo: “Al Senato incidiamo poco, me ne torno a Venezia”. Sapevo che Casson ci puntava ancora, a fare il sindaco di Venezia, dopo averci provato invano anni fa. Mi infastidisce un po’ che dopo aver trascorso al Senato un paio di legislature adoperi il vezzo di considerarsene tuttora “esterno” ma, si sa, la battuta demagogica è sempre in agguato. Specie quando ci si prepara alla competizione delle primarie. Sono comunque portato a apprezzare la scelta di vita di un politico che si mette al servizio della sua città -proponendosi per il faticosissimo lavoro di sindaco- e che per fare ciò è disposto a rinunciare alla ribalta nazionale. Bene, bravo. Quand’ecco che m’imbatto in un dettaglio imbarazzante. Quando Scanzi gli chiede se lascia il Parlamento perchè lì per uno come lui si sono ristretti gli spazi politici, questa è la testuale risposta di Casson: “Non scappo. Se fallirò a Venezia, continuerò le mie battaglie in Senato”.
Ammantata di retorica del coraggio e di metafora bellica, questa risposta significa: mi candido a sindaco di Venezia ma se lì non ce la faccio mi tengo il posto di riserva al Senato. Col cavolo che mi dimetto”. Qui urge rettifica, caro Casson. Sicuramente Scanzi avrà trascritto male il tuo pensiero, non è vero?

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