Un mare di clandestinità, la disinformazione e i pirati del Mediterraneo

mercoledì, 31 dicembre 2014

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.

Disinformazione in tempo irreale. La velocità dei tweet istituzionali che hanno scandito la tragedia della Norman Atlantic, sempre in contrasto gli uni con gli altri, che provenissero dalla Marina Militare o dalla Guardia Costiera, se non addirittura da Palazzo Chigi, lungi dal ragguagliare i cittadini ha finito solo per minare la credibilità delle fonti ufficiali, cioè dello Stato italiano. Notizie sbagliate, cifre non verificate, l’improvvida rassicurazione “niente morti italiani” smentita purtroppo il giorno dopo, la mancata comunicazione della morte di due marinai albanesi sul rimorchiatore giunto in soccorso, la doppia lista passeggeri…
Così l’immagine di efficienza e coordinamento che si voleva trasmettere con quei messaggi telegrafici in tempo reale, si è tradotta nel suo contrario: ovvero la riconferma del luogo comune di un paese sregolato e raffazzonato anche quando si tratterebbe di rispettare normative di sicurezza e applicare procedure d’emergenza. Per non parlare del conflitto con le autorità greche e albanesi, fonte di ulteriore confusione che speriamo non abbia rallentato le operazioni di soccorso.
Il traghetto in arrivo a Ancona con incerto numero di passeggeri registrati, le certificazioni antincendio non conformi, la dubbia regolarità del carico nella stiva, e infine la presenza di emigranti irregolari nascosti sotto i camion, inevitabilmente ha riportato in auge la parola “clandestino”. Una parola che avevamo adoperato con maggior cautela da quando papa Francesco ci aveva ricordato, a Lampedusa, che i clandestini, ben prima che minacce, sono persone come noi. Fermarli equivale a voler svuotare il mare con un cucchiaino, e poi, in fondo, anche a bordo dell’ultimo traghetto in fiamme i passeggeri fantasma figurano come un dettaglio trascurabile.
Semmai, al termine di un anno 2014 che ha visto migliaia di uomini, donne e bambini affogare tra le sponde del nostro piccolo bacino Mediterraneo, la stessa nozione marittima di clandestinità va estesa ben oltre il destino dei fuggiaschi.
Clandestina, o per lo meno torbida, ci appare l’intera gestione dei traffici fra le sponde del mar Mediterraneo. In buona misura sottratta alla supervisione delle autorità preposte. Regolata severamente in teoria, ma quasi sempre piratesca nella libertà solo formalmente negata a chi spadroneggia sul Mediterraneo e vi si arricchisce impunito.
Nella stessa striscia di mare in cui è scoppiato l’incendio della Norman Atlantic, ieri è stata segnalata una nave ostaggio di scafisti armati con centinaia di profughi siriani a bordo. Misteri marinai che si sommano l’uno all’altro, non solo fra la Grecia e l’Italia ma lungo tutte le migliaia di chilometri di coste che nei secoli hanno fatto la fortuna della nostra penisola. Misteri infittiti dalle burrasche non solo atmosferiche e dalla nebbia che ha provocato anche la collisione e la morte di sei marinai al largo di Marina di Ravenna. Per non parlare del traffico d’armi per cui è stato appena arrestato in Montenegro un ex parlamentare italiano (quanto è piccolo l’Adriatico, all’occorrenza!).
Se denunciamo la confusione e l’informazione distorta registratasi nel caso della Norman Atlantic, non è solo perché gli italiani la percepiscono come ennesima metafora della disinvoltura con cui le pubbliche autorità trattano questioni di eccezionale gravità. Il mare che oggi ci si presenta oscuro e minaccioso, ma nel quale l’Italia ha da sempre investito la sua vocazione mediterranea all’arricchimento culturale e commerciale, sembra divenuto ricettacolo equivoco, nascondiglio di segreti indicibili.
Mi riferisco alla sorda controversia che a quanto pare contrappone la nostra Marina Militare, protagonista di costose ma sacrosante, nobili operazioni di salvataggio dei profughi nel canale di Sicilia, senza badare ai chilometri di distanza dalle nostre acque territoriali, al Viminale che pretenderebbe di interromperle. Frontex contro Mare Nostrum? Ne sappiamo poco o nulla. Forse è la miopia dell’Unione europea, o forse è la carenza di fondi, o forse ancora è il meschino calcolo elettoralistico di una politica assoggettata ai Salvini di turno. Fatto sta che come abbiamo saputo poco e male della Norman Atlantic, così sappiamo poco e male delle scelte operate dal nostro governo in materia di monitoraggio e soccorso dei profughi. È la stessa opacità. Se preferite, clandestinità. Addobbata di tweet e di malainformazione suggestiva. False rassicurazioni che si traducono in spruzzi d’ignoto, e così, alimentano le nostre paure di naufragare: un’intera penisola alla deriva.

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