La scissione del Pd? E’ Renzi a cercarla, ma potrebbe essere il suo primo errore

martedì, 20 gennaio 2015

Matteo Renzi, ormai è palese, persegue una rottura a sinistra. Calcolato è il sarcasmo che non perde occasione di riversare sugli esponenti della minoranza Pd così come sulla Cgil, senza dimenticare i “professoroni” che dissentono dalla riforma costituzionale. Fin quando ha potuto, viceversa, Renzi ha strizzato l’occhio a Maurizio Landini. Forse sperava che il sindacalista Fiom assumesse la leadership di un partito-satellite a sinistra del Pd, fiducioso di mantenerlo subalterno al suo disegno strategico che contempla innanzitutto l’occupazione del centro.
Tutte le mosse recenti del presidente del consiglio lasciano intendere che Renzi non vivrebbe male una scissione del Pd. L’uomo ama il rischio. Probabilmente ritiene che tale scissione sarebbe ampiamente compensata da un recupero di voti moderati (i resti di SceltaCivica, i berlusconiani delusi). L’esplicita alleanza stipulata in Liguria con settori del centrodestra è anticipatrice di questa scelta strategica. E a Renzi importa poco se lo accusano di perpetrare una “mutazione genetica” del Pd, come per la prima volta gli ha detto un uomo assai misurato con le parole qual è Gianni Cuperlo. Trattasi, in senso tecnico, di una classica operazione trasformistica. Non è una parolaccia. In Italia ci sono precedenti illustri, primo fra tutti Giovanni Giolitti, di leader che plasmano intorno a sè una ricomposizione complessiva del sistema politico.
In questo schema, a Renzi non dispiace che sopravviva una piccola formazione politica alla sua sinistra. Confida di mantenerla a percentuali modeste e, se possibile, di coinvolgerla in alleanze locali. Forse oggi Renzi è il primo a augurarsi che nella minoranza Pd prevalgano le spinte a uscire dal partito, impersonate da Civati. Con le sue sistematiche provocazioni, sembra proprio lavorare per la scissione che ormai rientra nel novero delle possibilità concrete.
Temo però che Renzi sottovaluti le dinamiche internazionali (vittoria di Syriza e Podemos in Grecia e in Spagna) e le dimensioni della frana di consenso a sinistra che potrebbe riguardare un Pd centrista “geneticamente modificato”, nel mentre sopravvaluta la sua abilità manovriera. Favorire la scissione del Pd, come sta facendo, potrebbe essere il primo grave errore politico di un leader che finora le ha azzeccate (quasi) tutte.

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