Diversi istituti di ricerca, a cominciare dall’Ufficio studi di Confindustria, negli ultimi giorni hanno diffuso previsioni ottimistiche sulle possibilità di ripresa dell’economia italiana nel 2015. Anche l’Istat segnala dati positivi nel dicembre scorso per l’occupazione. Il tasso di disoccupazione è calato al 12,9%, mentre la disoccupazione giovanile è arretrata al 42% (che resta pur sempre un dato spaventoso). Va rilevato che le statistiche di dicembre precedono gli effetti del Jobs Act, ancora tutti da verificare, e semmai godono degli effetti del decreto Poletti che ha reso automatico il rinnovo fino a cinque volte dei contratti a termine. Ancora da verificare resta il numero delle imprese che decideranno di usufruire dei nuovi contratti a tutele crescenti “incoraggiati” da una forte decontribuzione. Staremo a vedere e, naturalmente, ci auguriamo che il tanto discusso incentivo apporti giovamento alla dinamica occupazionale, seppure pagando il prezzo di una profonda spaccatura del mercato del lavoro, visto che d’ora in poi le tutele dello Statuto dei lavoratori resteranno in vigore solo per chi già ne godeva, escludendo i nuovi assunti.
Benvenuto il segno +, dopo tanti anni di recessione e di calo occupazionale. Ma è doveroso chiedersi se non si tratti solo di un rimbalzo tecnico, già verificatosi anche in economie più deboli della nostra come quelle di Grecia e Spagna. Questi timidi segnali, inoltre, restano soggetti alla minaccia di tempesta finanziaria che rischia di abbattersi sull’eurozona alle prese con l’eventualità di una ristrutturazione del debito pubblico di Atene (e in prospettiva anche di Madrid). Una turbolenza dei mercati, e le eventuali manovre speculative vi si innesterebbero, avrebbe immediate ripercussioni sull’economia reale. E’ davvero troppo presto per riproporre l’usurata metafora della luce in fondo al tunnel.