Strage nel Mediterraneo: la risposta sbagliata del premier

giovedì, 12 febbraio 2015

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”.
Solo proteggendoci con una scorza di disumanità, accontentandoci di non vederli in faccia mentre annegano a centinaia e a migliaia nel nostro mare, possiamo soffocare il senso di vergogna suscitato dalla strage infinita del Canale di Sicilia. Ma resta la domanda: salvarne il più possibile rientra o non rientra fra i doveri della nostra civiltà europea?
I trafficanti che in Libia depredano e poi spediscono nel mare in tempesta i loro volontari ostaggi paganti, su gommoni sgangherati, compiono evidentemente un atto criminale. Ma noi abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per salvarli? L’altrui crimine non fornisce un alibi a chi si fosse macchiato di omissione di soccorso.
Ieri, balbettando per l’imbarazzo, i funzionari del Consiglio d’Europa hanno riconosciuto l’insufficienza del dispositivo Frontex, la cui finalità è limitata al presidio delle frontiere di Schengen, entro un raggio di 30 miglia. Non a caso i suoi costi sono un terzo dell’operazione Mare Nostrum dispiegata dalla Marina Militare italiana al di là di quel limite, in acque internazionali. Grazie a Mare Nostrum, fino alla scadenza del 31 dicembre 2014, sono stati effettuati oltre cinquecento interventi e sono state salvati più di centomila profughi, anche se purtroppo ne risultano ugualmente dispersi –dati del Viminale- più di tremilatrecento.
Dunque non è una contesa ideologica, o peggio una strumentalizzazione politica, la contrapposizione del modello Triton al modello Mare Nostrum. Cinque unità militari italiane dotate di attrezzature ospedaliere (ricordate l’elogio di Napolitano alla dottoressa Petricciuolo che ha fatto nascere a bordo della nave Etna una bimba nigeriana la notte di Natale?) hanno sconfinato per quattordici mesi nel Mediterraneo. Per la verità lo hanno fatto anche a dicembre, sebbene la loro missione fosse ufficialmente scaduta. Maora, da gennaio, non lo fanno più, a seguito di una revoca che l’Ue peraltro non ci imponeva. Certo, nessuno può sostenere con certezza che un tempestivo intervento della nostra Marina Militare nelle acque internazionali avrebbe salvato la vita degli oltre trecento naufraghi, la notte di domenica scorsa. Anche se è probabile che avrebbe impedito la morte per congelamento di ventinove ragazzi imbarcati vivi sulle motovedette della Guardia Costiera, sprovviste di medici e ambulatori.
Per questo avvertiamo che il governo italiano non si è mostrato all’altezza del dramma in corso, e delle scelte immediate che esso impone. Non basta dire che il problema è la Libia, divenuta preda di clan jihadisti. E’ mortificante, poi, che la richiesta avanzata dalle organizzazioni umanitarie, dalla Chiesa e da alcuni esponenti del Pd –cioè l’immediata riattivazione di squadre di soccorso in acque internazionali- venga liquidata da Renzi come se si trattasse di una manovra antigovernativa. Chi se ne frega, scusate. Davvero la lotta politica può scendere a livelli di insinuazione così meschini?
Giusto pretendere un coinvolgimento logistico e finanziario dell’Unione Europea, mostratasi fin qui campionessa di cinismo. Ma nel frattempo? Fonti del ministero della Difesa ammettono che nel giro di due o tre giorni al massimo, se il governo prendesse una decisione in tal senso, la nostra flotta potrebbe riprendere il presidio di cui tutti siamo andati orgogliosi. Quale motivazione politica o di bilancio (stiamo parlando di una spesa di centomila euro al giorno) si oppone a una decisione di carattere umanitario, se non forse l’imbarazzo di dover ammettere che la revoca di Mare Nostrum è stata una scelta avventata, magari dettata da calcoli di consenso?
Eppure dovrebbe essere ormai unanimemente riconosciuta l’infondatezza della tesi secondo cui le missioni umanitarie creano un fattore di attrazione involontaria, spingendo i migranti a tentare la pericolosa traversata (che per loro rappresenta comunque il rischio minore).
Il ministro Alfano ieri sera si trincerava dietro l’argomento della fatalità ineluttabile: “Non esiste e non può esistere un’operazione che sconfigga la morte in mare”. E’ forse questa la posizione del governo? Confermiamo la ritirata nelle nostre acque territoriali? E’ così che intendiamo il nostro ruolo di potenza mediterranea?
Certo, Mare Nostrum è solo un tampone, più di una volta i nostri marinai sono arrivati troppo tardi. Ma è, questo, un buon motivo per desistere?
Il flusso di profughi dalle zone di guerra, che secondo l’Unhcr nel 214 ha portato almeno 218 mila persone ad attraversare il mare Mediterraneo, non accenna a diminuire. Ciò impone scelte strategiche difficilissime per regolarlo, identificarlo, delimitarlo. Ostacoli insormontabili al momento impediscono la creazione di presidi internazionali per lo smistamento dei profughi sulla sponda sud del Mediterraneo. Ma ciò non deve impedirci di riconoscere l’assurdità della situazione venutasi a creare col monopolio instaurato dai trafficanti sulla terraferma e sul mare.
Un biglietto aereo da Tunisi a Roma costa 100 euro. Il traghetto, se ci fosse, ancora meno. Per la traversata della morte risoltasi in ecatombe, i passeggeri dei gommoni hanno pagato 650 euro ciascuno ai criminali. Il proibizionismo dissennato della comunità internazionale finisce per versare centinaia di milioni nelle tasche delle mafie e dei jihadisti.
Subiamo la condanna a morte di centinaia di giovani, la cui età media –riferisce l’Unicef- oscilla fra i 18 e i 25 anni. E intanto lasciamo che finanzino un nemico ogni giorno più pericoloso. Se anche non bastasse la vergogna, dovrebbe spingerci ad agire l’istinto di autodifesa. Nella tragedia di cui siamo spettatori, il governo e la classe dirigente europea stanno recitando la parte di comparse senza passione, impaurite e mediocri.

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