Le notizie che giungono dalla Libia, dove i miliziani dell’Is hanno conquistato la città di Sirte, non stanno suscitando il dovuto allarme nell’opinione pubblica italiana. Davvero è allarme rosso. Davvero siamo sul confine di una guerra che ci riguarda direttamente. Non esagera, purtroppo, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, quando ammonisce che “in Libia dobbiamo essere pronti a combattere”. Fa paura ma è così, e di fronte al torpore e alla rimozione diffusi nella nostra classe dirigente, fa bene Gentiloni a darci la sveglia. Naturalmente bisogna agire d’intesa con gli altri Stati membri dell?unione Europea, e sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma è difficilmente aggirabile la necessità di una forza militare d’interposizione 200 miglia a sud dei nostri confini, dove si è dissolto l’apparato statale libico e dove i clan jihadisti rischiano di prendere il controllo delle coste (da cui vengono smistati i lucrosi viaggi dei fuggiaschi sulle carrette del mare) e delle basi del gas e del petrolio.