Riflessioni da Londra, dove la guerra sembra impossibile

sabato, 21 febbraio 2015

Dopo la trasferta calcistica a Glasgow, dove ho avuto modo di conoscere la meravigliosa sportività dei tifosi del Celtic (altro che gli energumeni olandesi), sono arrivato a Londra con i miei figli giusto per viverci un venerdì sera come si deve.
Consapevole di essermi immerso in una “swinging London” pur sempre minoritaria, nella sua vastità, oltre che godermela ho pensato che si tratta di un punto di non ritorno. Quando ci sei dentro, co. La tua differenza etnica o sessuale o religiosa da tutti accettata come ovvia parte del mosaico, difficilmente rinuncerai alla meraviglia del caleidoscopio. Il melting pop diventa la tua condizione esistenziale imprescindibile.
È esattamente ciò che l’islamismo purista (nelle sue varie declinazioni sunnite salafite o sciite) vive come obbrobrio. I terroristi hanno paura che la globalizzazione in epoca post-coloniale espanda nelle loro regioni il modello-Londra: città da cui nessuna civiltà può prescindere, neanche la loro, se non altro per ragioni commerciali e finanziarie.
Così i terroristi puntano sulla minoranza dei frustrati, di quelli che hanno la sfortuna di vivere male un venerdì sera londinese come quello che invece ci siamo goduti noi. Quelli che si sentono esclusi e magari, vedendoci in quei locali affollatissimi a bere l’ultimo drink, avrebbero desiderato solo farci saltare tutti per aria.
Vista da una notte di giovani nel fine settimana di Londra, la guerra risulta impossibile per via di totale, definitivo mescolamento. Se guerra sarà, prenderà forme davvero inedite perché sono nunerose le metropoli del mondo in cui il conflitto non può basarsi più sulla compattezza etnica.

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