Ci vuole prudenza sulle cifre dei nuovi assunti: il 76% continuano a essere contratti a termine

venerdì, 27 marzo 2015

Trovo quanto meno azzardata, benchè comprensibile, l’esultanza con cui il governo ha segnalato ieri l’incremento al 24% sul totale delle assunzioni a tempo indeterminato. Come è noto questo incremento dipende dall’estrema convenienza di queste assunzioni da quando la legge di stabilità ha previsto che esse saranno defiscalizzate per un triennio. In pratica le aziende risparmiano migliaia di euro all’anno preferendo questa soluzione (molto onerosa per le finanze pubbliche) rispetto ai contratti a termine.
Bene ha fatto il governo, e speriamo che la pratica si diffonda e trovi la necessaria copertura nei conti dello Stato anche in futuro. Ma è bene guardare anche il dato delle numerose aziende che continuano a preferire la soluzione del precariato, nonostante gli indubbi vantaggi di risparmio fiscale a loro offerti. Stiamo parlando del 76% delle assunzioni che, nel primo trimestre 2015, sono avvenute per contratto a termine. Più dei due terzi. Vero è che si partiva da un dato precedente che toccava ben l’85% di assunzioni precarie in Italia. Dunque c’è un calo positivo. Ma il 76% di aziende che continuano a non fidarsi di assumere con stabilità, resta un dato spaventoso.
Ulteriore invito alla prudenza: resta da verificare quanti contratti a tutele crescenti (entrano in vigore solo dal mese in corso) verranno poi effettivamente stabilizzati, visto che per i nuovi assunti l’art 18 non vale più, e liberarsene con una lieve penale può risultare conveniente, dopo aver goduto di una totale decontribuzione.

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