Il racconto del volontario italiano che ha combattuto contro l’ISIS a Kobane

martedì, 14 aprile 2015

Karim Franceschi è un attivista di un centro sociale di Senigallia che ha deciso di partire per la Siria per combattere contro l’ISIS assieme alla resistenza curda. Dopo tre mesi di combattimenti Franceschi è tornato a casa, e racconta la sua esperienza a “La Repubblica” di martedì 14 aprile 2015. L’attivista dei centri sociali si è arruolato nel Ypg, le truppe volontarie di difesa dei curdi. L’unica domanda a cui Franceschi ha preferito non rispondere è il numero delle persone che ha ucciso. “Se non avessimo sparato, l’ISIS si sarebbe preso i civili, le donne, i bambini… li avrebbe costretti alla barbarie”, spiega il volontario italiano della resistenza curda, che ha deciso di partire per la Siria per combattere contro il “fascismo” del califfato islamico, come fece suo padre, un partigiano. ” Anch’io, in un certo modo, mi sento un partigiano. Mio padre è morto a 74 anni, quando ne avevo 12. Sono andato in Siria per provare quello che ha provato lui quando lottava contro nazisti e fascisti. A novembre avevo partecipato al progetto di solidarietà dei centri sociali “Rojava calling”, e in un campo profughi a Soruc ho conosciuto due bambini soldato… feriti, la guerra negli occhi, non ricordavano nemmeno chi fossero i genitori. Se combattono loro che sono ragazzini, ho pensato, perché non io che sono adulto? Chiunque ami la democrazia non può far finta di niente”. Dopo esser arrivato in Siria attraverso la frontiera turca, Karim Franceschi è stato interrogato e poi inviato all’addestramento, durato solo quattro giorni. Dopo il ferimento di un volontario dell’Ypg Franceschi è stato subito inviato al fronte, nonostante avesse imparato da poche decine di ore a utilizzare il kalashnikov. L’esercito dei volontari curdi non ha una struttura gerarchica, ma è comandato dai “veterani”. I combattenti sono suddivisi in gruppi da sei persone, con un caposquadra. Tutti si chiamano tra di loro Haval, che significa compagno. Karim Franceschi ha scelto il soprannome di Marcello, dalla formazione partigiana con cui combatteva suo padre. Haval Marcelo, come lo chiamavano i suoi compagni di battaglia, era l’unico italiano a combattere insieme ai curdi. La presenza straniera in supporto alla resistenza curda è piuttosto ridotta, specie se paragonata alle decine di migliaia di foreign fighters che ingrossano le milizie dell’ISIS. Karim Franceschi è stato attivo in diverse operazioni di combattimento contro le truppe del califfato, e una volta ha rischiato di essere ucciso. In tasca aveva una bomba, pronta a esser esplosa in caso di cattura. Il volontario rimarca la differenza tra l’esercito curdo e l’ISIS nel rapporto con i prigioneri: i primi non effettuano violenze, a differenze delle barbarie medievali dei jihadisti. Dopo tre mesi di esperienza sul fronte, durissima dal punto di vista fisico e mentale Karim Franceschi ritiene di aver svolto la sua missione, e ha deciso di non tornare più al fronte siriano.

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