La minoranza Pd rassegnata a una legge elettorale che non piace quasi a nessuno

mercoledì, 15 aprile 2015

Questa sera il gruppo della Camera dei Deputati voterà l’Italicum, prodromo alla sua sempre più probabile approvazione definitiva. Il sì è piuttosto scontato. Ai 150 deputati  PD che si erano schierati con Matteo Renzi alle primarie si sommeranno anche quelli della corrente degli ex DS di Orfini e Orlando (i cosiddetti Giovani Turchi), mentre la minoranza PD, suddivisa nelle sue variegate anime, dovrebbe dare un raro ma inutile segnale di compattezza. Bersaniani, cuperliani, civatiani, e le diverse decine di deputati che fanno riferimento al capogruppo Roberto Speranza sono schierati per il no, ma appare improbabile che questo atteggiamento sarà mantenuto anche quando si tratterà di discutere il testo in aula. Matteo Renzi fa circolare via stampa la sua indisponibilità ad accettare qualsiasi modifica al testo. Il presidente del Consiglio minaccia la fiducia e le eventuali dimissioni in caso di spaccatura del PD o bocciatura dell’amato, solo da lui praticamente, Italicum. Come testimoniato dalle audizioni in corso di svolgimento presso la commissione Affari Costituzionali, la maggior parte degli esperti ha espresso più di una perplessità sul nuovo sistema elettorale. Il suo ideatore, il prof. Roberto D’Alimonte, si è spinto a definire la legge elettorale un’elezione diretta del premier, praticamente dando ragione ai critici dell’Italicum, e contraddicendo la lettera della normativa, che ribadisce ovviamente le competenze del presidente della Repubblica ex articolo 92, e pure 88, della nostra Costituzione. Altri costituzionalisti, come Trucco, Villone, Zaccaria, Tondi della Mura e altri hanno criticato vari punti dell’Italicum durante la loro audizione, mentre Augusto Barbera ne ha fatto una difesa più politica che tecnica, scivolando a mio modesto avviso nella comparazione con i sistemi anglosassoni, come si può notare nella sua relazione. Alla Camera dei Deputati l’Italicum sarà bocciato da tutto il centrodestra all’opposizione, da M5S e Sel, mentre sarà votato nonostante una così marcata spaccatura nel PD. Il predecessore di Renzi alla segretaria del PD, Bersani, così come i suoi contendenti Cuperlo e Civati sembrano orientati tutti verso il no in ogni caso, o quasi. Gli alleati minori, come ex montiani e centristi, sono aggrappati alle pluricandidature e alla soglia del 3%, unica speranza  (anche piuttosto vaga guardando i sondaggi) per rientrare in Parlamento. Sui giornali trapelano perfino ipotesi di mediazione quasi surreali; il sì all’Italicum sarebbe seguito da modifiche alle riforme costituzionali (in realtà pressochè inemendabile ormai) oppure un cambiamento dello stesso Italicum una volta approvato, come scrive un articolo de “La Repubblica” di mercoledì 15 aprile 2015. Grazie a un premio  elettorale incostituzionale e a una pattuglia parlamentare rimpinguata da numerosi trasformisti l’Italia avrà un nuovo sistema elettorale contestato dalla maggioranza del sistema politico, almeno a leggere i sondaggi attuali. Per essere una riforma destinata a stabilizzare il sistema non c’è male come inizio.

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