Dalla Libia alla Grecia: gli europeisti chiamati a disobbedire all’Ue

sabato, 18 aprile 2015

L’Unione Europea sta mancando i suoi appuntamenti storici più importanti. Osserva impotente l’avvicinarsi del default greco pur di non riconoscere l’inadeguatezza delle sue regole in materia di bilancio e sostegno comunitario. Rifiuta con meschinità di condividere la difficile gestione della crisi libica, con l’ondata crescente dei profughi e il monopolio criminale concesso nel Mediterraneo a trafficanti (e jihadisti connessi).
Finora la politica di Renzi è stata quella di criticare la filosofia dell’austerità “made in Germany”, sempre però distinguendo l’Italia dal vicino mediterraneo ribelle, cioè la Grecia. E quanto all’emergenza profughi, salvo moderate proteste ha subito il ridimensionamento della missione navale entro le acque territoriali dell’area Schengen. Più spinosa e complessa la questione di resuscitare istituzioni statali unitarie in Libia, sulla quale pure fu prescelta una supervisione spagnola quando si sarebbe potuto puntare su Prodi.
L’impressione è che siamo a una svolta. Sia sulla vicenda economico-finanziaria legata alla crisi greca. Sia sulla sponda sud del nostro mare. Anche dal colloquio di ieri con Obama è emersa l’impossibilità di essere davvero europeisti, trasformando l’Ue in una potenza solidale al suo interno e incisiva all’esterno, mantenendosi “obbedienti” come è avvenuto finora. Su entrambi i fronti l’Italia è chiamata a fare scelte autonome, che non saranno anti-europee ma che non possono essere subordinate all’attesa snervante che l’Ue guarisca dalla sua miopia e dal suo cinismo.

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