Provo un forte senso di rimpianto per la scomparsa del caro, vecchio rabbino Elio Toaff. Tante volte mi è mancato il suo consiglio, così come il suo sorriso negli ultimi anni della sua forzata inattività. Eppure quella presenza quasi centenaria era di conforto, richiamava una caratteristica dell’ebraismo italiano novecentesco che vorremmo non venisse mai perduta. Può sembrare strano per un uomo di fede salda, per un rabbino, ma Elio Toaff incarnava una visione alta della laicità. Coraggioso nell’innovazione (lo dimostra il rapporto instaurato col mondo cattolico), sapeva essere accogliente nei confronti degli ebrei meno osservanti, sempre aperto al confronto, restio a ogni tipo di scomunica. L’irrigidirsi nella normativa, tipico, degli integralisti, era una postura che quell’uomo burbero ma ironico evitava accuratamente. Anche per questo suscitava un benefico senso di protezione. Più di una volta, in momenti difficili, il suo consiglio o anche solo una sua battuta amichevole mi sono stati preziosi.
Mi mancherà davvero, ma considero una benedizione averlo conosciuto.